VOLPI LUCCIOLE E CIELI PERDUTI PDF Stampa E-mail
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VOLPI LUCCIOLE E CIELI PERDUTI
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Della serie "Scrittori della nostra terra" pubblichiamo un racconto di Elisa Ercego già pubblicato ne "Il Nostro Campanile", periodico della ProValdagno e distribuito ai soci nel numero 253 marzo aprile 2009 . Il richiamo agli elementi della natura è  uno degli aspetti più frequenti e anche partecipati della narrativa locale assieme al tema dei ricordi d'infanzia e delle stagioni passate.

VOLPI LUCCIOLE E CIELI PERDUTI

Scendeva la sera e comare volpe si aggirava furtiva nei pressi dell’osservatorio “Hoalage Belt” (”Il cielo sacro” nell’antica lingua cimbra), mentre l’ombra della notte che scendeva piano tingeva di blu le montagne e le verdi colline adagiate lì intorno.


   Dalla sua postazione Coda Rossa, così si chiamava la volpe, osservava incuriosita quella gigantesca palpebra ferrosa. Compare Zampa Lesta, il leprotto, le aveva raccontato che quel gigantesco occhio di ferro si apriva tutte le notti dopo che il sole si era coricato dietro le montagne.
   Dentro l’occhio si diceva fosse custodito un gigantesco albero anch’esso di ferro, e che gli uomini lo utilizzassero per catturare le stelle... “Roba da matti!”, pensò Coda Rossa che non credeva a queste ciarle, ma l’albero di ferro era stato visto proprio da Betta la civetta durante una delle sue ultime battute di caccia, e tutti nel bosco sapevano che lei così schiva e riservata e assolutamente parca di parole, non diceva bugie e non raccontava mai niente che non avesse visto con i suoi stessi grandi occhi gialli.
  

Così a comare volpe era rimasta una certa curiosità e ora se ne stava sdraiata sul prato rasato di fresco ad attendere la notte, cullata dal canto dei grilli che accordavano gli strumenti per la consueta soirée di mezzanotte, e il fruscio delle foglie degli alberi che si agitavano cullate dalla brezza calda della sera, mentre un delizioso profumo di fiori e di fieno solleticava dolcemente il suo proverbiale olfatto. 
Finalmente scese la notte. Già in fondo alla valle il grande serpente dorato si accendeva piano piano di tante luci scintillanti che splendevano nell’oscurità. Nel frattempo le lucciole ignare di tutto, avevano iniziato a danzare volteggiando nell’aria spensierate, impigliandosi tra i fili d’erba e i rami spinosi dei cespugli. Poi all’improvviso arrivarono gli uomini. 

Parcheggiarono le loro auto nella spianata di ghiaia a fianco dell’osservatorio ed entrarono dentro l’edificio che aveva la forma di una gigantesca torre circolare. Coda Rossa all’arrivo degli uomini si era nascosta tra gli alberi del boschetto sopra la collina e osservava attentamente ogni loro movimento, le orecchie tese a captare ogni rumore e gli occhi ben spalancati per scrutare l’oscurità. 
Passò un pò di tempo, che a comare volpe ansiosa parve un’eternità, poi finalmente l’occhio di ferro si aprì. La grande palpebra di ferro si schiuse piano, emettendo un fragoroso rumore che risuonò tutt’intorno come un rombo di tuono. Coda Rossa si ritrasse spaventata dietro gli alberi del boschetto, ma poi la curiosità ebbe il sopravvento sulla paura così sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio e scese giù per il pendio erboso, strisciando furtiva sotto i balconi dell’osservatorio avvolto nell’oscurità. 

Solo una fioca luce filtrava da dietro il pesante portone all’entrata dell’osservatorio rimasto socchiuso, e che bisognava varcare per entrare dentro l’edificio. Coda Rossa si fermò lì davanti esitante, poi si fece coraggio ed entrò dentro la torre misteriosa senza fare il minimo rumore. Dentro era tutto buio, ma guardando a destra la volpe notò una luce che filtrava da un’altra porta lasciata socchiusa. Dietro la porta c’era una grande stanza tutta illuminata; gli uomini si erano radunati li dentro e parlavano animatamente tra di loro, chi in piedi e chi seduto su delle seggiole, ma tutti fissavano una scatola magica che rifletteva delle immagini curiose. 


 

 Coda Rossa guardava incuriosita e perplessa; gli uomini parlavano un linguaggio che non capiva: la scatola magica si chiamava PC e le immagini che rifletteva erano chiamate frames e venivano esaminate attentamente per rilevare la presenza di supernove... Comare volpe si fermò per un po’ ad ascoltarli senza capire niente, poi si strinse le spalle perplessa e si allontanò. Come facevano gli uomini a cacciare le stelle, si chiese dubbiosa e poi dove le custodivano, visto che la stanza le era sembrata abbastanza piccola. Ma, soprattutto, dov’era il gigantesco albero di ferro di cui tanto aveva sentito parlare dagli animali del bosco? 
Aguzzando la vista, Coda Rossa scorse una scala che conduceva al piano superiore della torre.    Decise di arrampicarsi, ma temendo di inciampare e quindi di fare qualche rumore che avrebbe potuto attirare gli uomini, uscì per chiamare le lucciole che continuavano a danzare spensierate sui prati lì vicino. 

 Incuriosite dal racconto di comare volpe, le lucciole non si fecero pregare due volte e interruppero il loro ballo per salire con lei all’interno della cupola che conteneva il misterioso strumento usato dagli uomini per cacciare le stelle. Salirono la scala che conduceva al piano superiore dell’osservatorio senza fare il minimo rumore. 
Le lucciole aiutarono la volpe a salire illuminando i suoi passi su per le scale, e alla fine giunsero all’interno del misterioso occhio di ferro che se ne stava spalancato verso il cielo stellato. Al centro della stanza si ergeva sopra una colonna di cemento lo straordinario albero di ferro che si protendeva verso lo spicchio di cielo aperto sopra la cupola, come fanno gli alberi quando innalzano i loro rami verso il sole per catturare la sua luce ed il suo calore. Così faceva il misterioso albero di ferro, che aveva una curiosa forma cilindrica e una serie di aste applicate intorno al tubo metallico. 
La volpe girava tutt’intorno alla colonna fremente di curiosità perché non poteva arrampicarsi e osservare più da vicino il misterioso albero e invidiava le lucciole che invece potevano svolazzargli intorno e ammirarlo più da vicino. 
L’albero misterioso in realtà era un grande telescopio nero e azzurro formato da un cilindro metallico che conteneva due specchi, uno concavo e uno convesso, in grado di catturare la luce delle stelle. 

 La parte superiore del cilindro era saldamente agganciata a due aste di acciaio che le lucciole e la volpe avevano scambiato per dei rami. Sulla parte inferiore del cilindro erano stati montati dei pesanti bilancieri che servivano a mantenere in equilibrio il telescopio nella posizione stabilita dagli uomini, che facevano ruotare lo strumento seguendo la direzione dei quattro punti cardinali per orientarsi nel cielo. 
Un piccolo tubo che sporgeva come una sorta di uncino, costituiva l’oculare e lì dentro gli uomini appoggiavano delicatamente uno dei loro occhi per guardare attraverso il telescopio le meraviglie dell’universo. 
Poi all’improvviso la cupola si mosse ruotando sulla cremagliera provocando un rumore assordante, tanto che la volpe e le lucciole fuggirono giù per le scale terrorizzate. Poi d’un tratto la cupola si fermò e fu la volta del telescopio che invece si mosse con un leggero ronzio. 

 Quando tutto tacque gli animali tornarono su a osservare il gigantesco telescopio, ma ancora non erano riusciti a capire come facevano gli uomini a catturare le stelle. Le lucciole si arrampicarono sulla parte superiore del telescopio e guardarono dentro il grande specchio che luccicava illuminato dalla luce delle stelle, chiedendosi l’un l’altra cosa fosse. 
Rapite dalla curiosità, non si accorsero che gli uomini al piano di sotto avevano notato sullo schermo del loro computer quelle strane luci che danzavano sullo specchio del loro telescopio; le due strutture erano state infatti adeguatamente collegate, così da consentire agli astrofili di osservare il cielo e scrutare meglio quello spazio infinito al fine di incrementare le loro ricerche, tra le quali rientrava anche la scoperta di supernove, cioé di stelle che morendo esplodevano nel cielo. 

Tale fenomeno era un evento raro ed eccezionale e talvolta la luce irradiata da quell’esplosione si poteva ammirare per giorni nel cielo anche ad occhio nudo. Gli astrofili lavoravano a quel progetto da diverse notti e quando videro quelle strane luci danzare nello schermo subito furono presi dal panico credendo di aver scoperto quanto cercavano, ma poi la delusione cancellò l’euforia del momento, quando capirono che si trattava di innocue lucciole. 
Scocciati e innervositi dalla inopportuna intrusione, uscirono dalla sala dove si trovava la centrale di controllo del telescopio e salirono al piano superiore. Udendo i passi degli uomini su per le scale, la volpe e le lucciole furono prese dal panico. Quest’ultime volarono via volteggiando leggere fuori dalla cupola, mentre la povera volpe sentendosi in trappola cercò rifugio in un angolo buio della stanza e sperò di non essere vista. Nel vano tentativo di nascondersi, urtò contro qualcosa di contundente che provocò del rumore. Gli astrofili accesero dei piccoli fari posti all’interno della cupola e videro la povera volpe rannicchiata in un angolo paralizzata dalla paura.


 

Anche gli uomini erano spaventati e non sapevano cosa fare. Comare volpe cercò allora di giocare d’astuzia e approfittando del panico che aveva bloccato gli uomini per la sorpresa, sfrecciò come un siluro tra le loro gambe, poi corse giù lungo le scale guadagnando la porta d’ingresso e poi via su per i prati fino al limitare del bosco, dove si buttò sfinita tra i cespugli con il cuore che le batteva forte nel petto per lo spavento. 
Nel frattempo gli astrofili che erano saliti sulla cupola, tornarono precipitosamente al piano di sotto, richiamati dalle voci concitate degli altri colleghi rimasti nella sala di controllo. Una nuova stella particolarmente luminosa che prima non c’era, era improvvisamente comparsa nello schermo: la supernova che tanto stavano cercando era esplosa nel cielo e loro erano i primi ad averla avvistata. 

 Senza alcuna esitazione contattarono il Central Bureau, l’ente americano adibito al controllo delle supernove, poi nei giorni successivi la notizia si sparse in tutto il mondo e tutti ne parlarono a lungo, non solo le riviste specializzate, ma anche i quotidiani nazionali, mentre la gente dei dintorni per giorni e giorni si recò a visitare l’osservatorio “Hoalage Belt” a Marana di Crespadoro, attirarti dalla straordinaria scoperta che vi era stata fatta in quella parte di cielo. 
Ma nel folto del bosco per anni ed anni si continuò a tramandare la leggenda della coraggiosa volpe Coda Rossa, che da sola si era avventurata all’interno del gigantesco occhio di ferro per scoprire il terribile segreto custodito dai cacciatori di stelle che sfidando le notti senza luna, esploravano i cieli perduti.