LA LEGGENDA DEL BAFFELAN - LA MONTAGNA DEL LUPO - Pagina 5 PDF Stampa E-mail
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LA LEGGENDA DEL BAFFELAN - LA MONTAGNA DEL LUPO
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Amedeo diventava così il piccolo eroe al quale toccava sconfiggere il male pietrificato nelle rocce, e pronto a ridestarsi. Ma come fare? Chi poteva spiegargli il significato delle antiche storie, per trovare il modo di poter combattere efficacemente contro il drago del male?
Allora si ricordò del vecchio nonno che tutto sapeva, che con la sua saggezza forse avrebbe potuto consigliarlo nell'impresa. Così salì alla contrada degli antenati, dove da sempre era insediata la stirpe dei Lovato che viveva proprio sotto il Baffelan.
Il nonno rivelò al nipotino che essi da sempre abitavano nella vecchia contrada cimbra dei Lovati, che nell'antica lingua significava posto del lupo, perché si tramandava oralmente che essi discendevano da un potente lupo che dominava la montagna sacra del Baffelan, che in antico cimbro significa appunto montagna del lupo (wolf land), in una storia che risaliva a più di mille anni fa e che si perdeva nella notte dei tempi. Il potere totemico del grande monolita del Baffelan era geneticamente conservato in loro che al risveglio si trovavano davanti agli occhi l' imponente montagna sacra.

Amedeo era l'ultimo discendente di questo lupo del Baffelan che per amore era diventato umano. II Baffelan questa montagna sacra, questo potente totem, questo gigantesco monolita che rivela il suo messaggio cosmico a chi lo sa guardare, rivelò segreti arcani anche al piccolo Amedeo, che imprimendosi nel profondo del suo inconscio, gli diedero la forza e il coraggio degli eroi splendenti in eterno, il cui spirito aleggiava sulle montagne. E proprio come aveva visto il bimbo con la sua fantasia, il nonno gli confermò anche dell'eroe pietrificato sul catafalco della montagna e gli spiegò di come il destino naturale del Pasubio fosse quello di diventare un sacrario degli eroi di tutte le guerre per la libertà.

Nel massiccio del monte Pasubio le cinquantadue gallerie, che lo attraversavano tutto, lo dilaniavano come la ferita inguaribile del ricordo del sacrificio degli eroi. Gli spiegò anche che al centro delle Piccole Dolomiti sorgeva una torre bianca innalzata sulle ossa dei caduti in battaglia. Nella sacra torre dell'Ossario erano raccolti i resti umani degli eroi distrutti dal drago dei cannoni della grande guerra. Le montagne tutte erano state teatro di battaglie sanguinose che i soldati avevano combattuto strenuamente.
Gli rivelò alfine che un simbolo soave, ma potente sulla montagna era la bianca Madonnina della Sisilla che sola poteva aiutarlo a combattere il male. Una volta svelato il volto occulto della realtà il piccolo Amedeo capì che sarebbe toccato a lui sconfiggere il drago del male ancora  annidato nel mondo.

Così  scortato dal grande padre sole che lo confortava e gli infondeva slancio e coraggio combattivo, salì impavidamente sulla montagna per compiere la sua missione. Giunto al passo di Campogrosso guardò la catena rocciosa che poteva sembrare un castello, ma in realtà lui lo sapeva era qualcosa di molto terribile, perché vide che la montagna era il drago, con le gigantesche placche sulla sua immensa schiena di stegosauro primordiale.
E poi vide che la roccia della Sisilla era la gigantesca testa cornuta del rettile.