Un prete di stampo antico ma moderno: don Alfonso Zecchin - Pagina 2 PDF Stampa E-mail
VITA PARROCCHIALE - Biografie
Indice
Un prete di stampo antico ma moderno: don Alfonso Zecchin
Pagina 2
Pagina 3
Tutte le pagine

 

Ma non sono da meno i benefattori locali che donano spazi e capannoni o lasciano delle sostanze per continuare l’opera. Così, l’opera cresce e si amplia, si aggiungono nuovi laboratori, la mensa, la sala di ritrovo per gli allievi, aumentano gli insegnanti, l’istizuzione è finanziata dalla Regione Veneto. Egli segue in prima persona tutte le vicende e lo sviluppo del Centro fino al 1984, anno in cui presenta le dimissioni dall'attività di direttore del Centro Professionale.
Don Alfonso non dimentica però la sua “vocazione” sportiva e, pure a Maglio, fonda la sua brava squadra di calcio, l’Azzurra, tutt’ora viva e che si fa onore nei campionati provinciali, diventando anc’essa una fabbrica di atleti e di calciatori.
Pur in mezzo a tante attività che lo assorbono don Alfonso non dimentica di essere il responsabile di una comunità cristiana numerosa e bisognosa di molte cure. Conduce lavori di miglioramento per le strutture parrocchiali, in particolare per la Chiesa, ma la sua grande devozione per la Madonna lo volge  sempre al Santuario mariano di Santa Maria di Paninsacco, un santuario costituito da una chiesetta del XIII secolo, in collina sopra la frazione di Maglio, accanto ai resti dell’unico castello medievale rimasto in Vallata, a cui tutti gli abitanti della valle sono molto devoti.
È un luogo silenzioso, suggestivo, che invita spontaneamente al raccoglimento, ricco di quella silente armonia della natura che con semplicità porta a Dio e che don Alfonso, uomo di una fede semplice, immediata ma intensissima, amava tanto.
Don Alfonso ne promuove la conoscenza e la devozione in varie forme soprattutto dando avvio nel 1967 ad una pubblicazione mensile di un ormai celebre bollettino, “La voce di Santa Maria” distribuito in 2000 in tutta Italia. Il suo momento più bello lo considera il 1 maggio 1965 quando il Vescovo di Vicenza proclama la Madonna di Paninsacco regina della Vallata. Vi viene celebrata la messa ogni domenica e nel mese di maggio quotidianamente.
Potremmo dedicare tutto un capitolo della sua vita, e più che un capitolo sarebbe un libro, alla sua grande realizzazione: il campeggio.
Non erano passati che tre anni dall’inizio del suo servizio a Malo, quando, nel 1948, don Alfonso dette il via a quell’attività che lo renderà anche famoso e che rimane senz'altro il suo fiore all'occhiello per il fatto che compendia molti degli aspetti del suo servizio: amore per la natura, possibilità di stare insieme e di comunicare, creare fraternità e amicizia, occasioni di incontro e tempo per il recupero spirituale e fisico. Tutto questo  egli lo trovava nel campeggio.
Nei primi anni del dopoguerra, e in quelli immediatamente successivi, non c’erano vacanze di massa e nelle modeste famiglie del tempo, soltanto i ragazzi potevano entrare in qualche “colonia”, Ebbene il campeggio era una attività benefica per lo spirito, ma anche per il corpo, che molte parrocchie intraprendevano con tende ottenute come materiale di scarto dagli eserciti alleati che avevano occupato l’Italia. Le località dove egli sperimenta i primi campeggi si succedono a Penìa di Canazei, a Borca di Cadore, ad Andalo nel Trentino e al passo del Brocon nel bellunese per stabilirsi alla fine in un’amena e suggestiva località del Trentino sull’altopiano di Piné.
Mentre ad una ad una le parrocchie rinunciano con il sopraggiungere del mutare del tempo e di nuove normative a queste iniziative, don Alfonso con il suo campeggio tiene duro. Il “Campo Maio” diventa una istituzione, forse anche una leggenda. A Valdagno, non ci sono ragazzi che non vi abbiano trascorso qualche giorno; ma non ci sono soltanto ragazzi, le famiglie riempiono il campo nel mese di agosto dedicato appositamente ad esse e ormai la fama di questo campeggio è talmente diffusa che non mancano famiglie da fuori regione, che, una volta conosciuta questa esperienza, la fanno abitualmente propria. Dopo alcuni lavori di sistemazione, ora il campeggio è perfettamente funzionale tanto da poter far concorrenza, almeno per la cucina, ad alberghi e pensioni di buon livello.
Per don Alfonso è sempre stata una festa trovarsi in mezzo alla sua gente, ai suoi ragazzi in montagna. Per lui il campeggio è stato una specie di paradiso terrestre, una esperienza profonda che, col tempo, si è ampliata fino a diventare una dimensione fondamentale della propria esperienza.
L’ultimo riconoscimento pubblico, non cercato né tanto meno desiderato, ma accettato, lo ha avuto con la nomina a Monsignore nel 1990.
Ma allora che tipo di “personaggio” è stato il vero don Alfonso? È possibile farne un ritratto spirituale?