Ottone Menato PDF Stampa E-mail
CULTURA - Biografie personaggi

Ottone MenatoOttone Menato (Alpinista, scrittore, poeta e giornalista) Nato a Valdagno il 7 giugno 1909.

Riportiamo di seguito una raccolta di dati biografici raccolti in pubblicazioni varie che identificano vari aspetti della personalità "ricca", che possiamo sintetizzare così: animo da esploratore, sensibilità del poeta, carisma del capo. Fin da giovane praticò sport invernali e alpinismo. Esploratore delle piccole dolomiti dove sono a lui intitolate la Tosse Menato e il Vaso Ottone. Fu combattente in A.O.I. dal 1935 al 1937. Ferito nella seconda guerra mondiale in Africa Settentrionale. Prigioniero degli inglesi in India, fu decorato di Croce di guerra. Aveva il grado di tenente colonnello.

Poeta e scrittore scrisse numerosi articoli, racconti, libri e poesie. Tra i pubblicati ricordiamo: “C’è sempre un po’ di luce”, “Latin lovers”, “L’Ontano”, “Scavi a Qumran”. Collaborò con Il Giorno, La Gazzetta dello Sport, il Piccolo, il Globo, il Giornale di Vicenza, il Gazzettino, con l’Ansa e altri.

Fu presidente del gruppo anziani della Marzotto e presidente dell’Associazione Anziani per la Regione Veneto. Sposato con Annamaria Giulini (sorella del maestro Giulini) ebbe due figli. Si spense a Valdagno il 21 settembre 1991.

Dal punto di vista culturale Ottone Menato è sempre stato capace di provare un'antica serena meraviglia di fronte alle cose del mondo. Di fronte alle "bufere" della nostra epoca (guerre , prigionie ,violenze di massa) è stato capace di dire "qualche storta sillaba" perdirla con Montale; nel tempo del benessere di massa, dei media, del computer, e di Internet, che hanno trasformato il mondo in villaggio globale ha continuato a innamorarsi, a impegnarsi, a rivendicarela sua libertà alla fantasia perché "l'uomo non anneghi nel gran libro della vita". 

 


Roberto Mazzola nel suo volume "75 anni di storia del C.A.I. Valdagno" scrive come Ottone abbia saputo guardare la montagna con occhi di poeta e con un sottile senso di umorismo: scriveva con il cuore riuscendo a tramutare la cronaca in poesia.

 Imprese e Vie di roccia aperte sulle "Piccole Dolomiti" 

 fonti: "Valdagnesi sulle Piccole Dolomiti" di Nico Ceron

GRUPPO DELLA CAREGA - "Guglia Valdagno" parete ovest

GRUPPO DELLA CAREGA - "Guglia Valdagno"
parete ovest M. 100, III grado
8.09.1929, O. Menato, C. Dal Molin

Guglia Rio - cresta Sud Est

GRUPPO DELLA CAREGA - "Guglia Rio"
Cresta Sud-Est M. 90 circa, II grado sup.
estate 1930, O. Menato, T. Fornasa

 

 GRUPPO della CAREGA - Punta di Mezzodì

GRUPPO della CAREGA - Punta di Mezzodì
Cresta Ovest - m. 100 c. II grado sup., luglio 1930
T. Fornasa, O. Menato

GRUPPO della CAREGA - Punta di Mezzodì

GRUPPO della CAREGA -Guglia Borgo Parete Ovest
 m. 140 c. II grado sup., estate 1930
T. Fornasa, O. Menato

GUPPO della CAREGA - Cima Mosca parete NNE

GUPPO della CAREGA - Cima Mosca m. 2140
parete NNE, m. 350 c., III grado, 2.8.1931
G.Caliari, O. Menato

 GRUPPO della CAREGA - Cima Mosca

GRUPPO della CAREGA - Cima Mosca m, 2140 
"spigolo nord" m. 350c. III grado sup.
agosto 1932 - O. Menato, N. Savi
---- (non visibile)

 

SENGIO ALTO - M. Cornetto m. 1900
parete Ovest m. 150 c., IV grado
agosto 1933 O.Menato, Maria Luisa Orsini, N. Savi

 GRUPPO della CAREGA - Torre Mosca parete SE

GRUPPO della CAREGA - Torre Mosca parete
(già Torre Sandri-Menti)
parete S.S.E. - m. 200 c. III grado, 14.08.1938
O. Menato, F. Dal Pra, Gianna Cego

 


 

Ottone Menato: romanziere e poeta

di Rosalina Lora tratto da Il Nostro Campanile 14 novembre 2003

 

C'è una poesia di Ottone Menato datata 7 dicembre 1986 e inserita nella raccolta "Scavi a Qumran", pubblicata dalla Vincenzo Orsini editore di Catanzaro nel 1990, in cui il nostro autore che aveva quasi 80 anni sentendosi alla fine del lungo viaggio della sua vita chiede a Dio di aprire una strada al suo spirito assetato di conoscenza.

Preqhiera è il titolo della poesia:

In questo nostro
ultimo viaggio
verso la notte ostile
non lasciarci ammollo
nei lercio brago
di casa nostra
Facci cantar con Te
nella tua LUCE.
Apri una strada
al nostro spirito
assetato di conoscenza
perché veda la tua
pietà e lo splendore
del tuo nuovo giorno.

 

Scavi a Qumran è il testamento spirituale e lirico dello scrittore al quale ad appena un anno dalla pubblicazione, nel '91, è stato assegnato il premio della regione Calabria.

Significativa è la scelta del titolo della raccolta: Qumran è una località sulla riva nord occidentale del Mar Morto, divenuta famosa' perché a partire dalla casuale scoperta compiuta da un beduino nel 1947 furono portate alla luce in undici grotte ben 600 manoscritti con testi della Bibbia ebraica, testi apocrifi dell'Antico Testamento del periodo tra il I sec. a.C. e I sec. d.C., insomma la storia del giudaismo nelle lacerazioni religiose e culturali che lo hanno tormentato.

Ricche di tensione religiosa sono le poesie di Ottone Menato dense di gioia per la vita, di passione, ma anche di indugi riflessivi sulla morte e sull'aldilà, espresse con ricchezza di forme che oscillano tra un discorso poetico di estrema concentrazione, affidato quasi esclusivamente al valore assoluto delle singole parole o immagini come ad es. Smog:

Sprofondato
in trincee
affumicate
in concime
io vegeto
la mia perversione
di vita

 

 o Spaurito di proqresso:

Fra moltitudini solitarie
di finestre inquinate
da baracconi di libertà
di grattacieli e miriadi di stregoni
ansimo
a rimorchio
dì un mondo
che scappa.

 

ad altre in cui cerca di esprimere più compiutamente i suoi sentimenti attraverso una sintassi più complessa e articolata,

 

come ad es. :il tempo della fanciullezza:

Mi stringeva a sé
commosso
ed io ritroso
della barba testè rasa
i puntolin miravo:
un fondo blu
su un volto stanco
da forestiero.
Gli occhi nordici
d'un verde freddo
umidi (forse) di repressa
felicità.
La madre mia ansiosa
Insistèa:
è il padre tuo, caro
quando partii da pochi mesi
nato tu eri..,
pargoletto.
Affettuoso dir il suo
ed io restavo inerte
e forse il padre mio
alla mia riluttanza
non badava.
"Caro figliolo,
caro el me Rico"
ripetèa, in gota amaro.
Le fatiche molte
le privazioni assai
inaudite le sofferenze
tante le paure
le umiliazioni poi ...
Nondimen ancor maggior
il cruccio m'è
della fanciullezza tua
il tempo miglior
aver perduto.

Da un lato è facile ritrovarvi, dunque, l'eco di grandi protagonisti della poesia italiana degli Anni Trenta, da Ungaretti a Montale, da Quasimodo a Luzi, ma dall'altro anche quella linea imperniata stilisticamente sul recupero di strutture ritmiche più fluide con un recupero della narrazione e del vissuto. Sto pensando a G. Caproni o ad A. Bertolucci.

IYa aldilà dell'affollarsi di suggestioni e di potenti stimoli, come è capitato a tanti poeti del passato e del presente, anche per Menato la poesia - ed egli ne scrisse dal febbraio 1965 al gennaio 1991 - è il contenitore ideale a cui affidare i .ricordi della propria intensa esistenza, il senso delle proprie ricche esperienze di' uomo, e un modo per sottrarli per sempre all'oblio.

Assetato di conoscenze e di esperienze fu, dunque, Ottone Menato che apparteneva alla mia memoria attraverso i racconti di persone che, dipendenti della Marzotto, ne elogiavano la dedizione alla famiglia e al lavoro, il vivo interesse per il sociale, I' instancabile organizzatore di viaggi per i lavoratori a riposo. E come spesso succede nei confronti di quelle persone di qui si è sentito tanto parlare senza, purtroppo, conoscerle direttamente, con curiosità e con piacere mi sono avvicinata alla sua personalità, personalità intelligente,

estroversa, anticonformista. Ringrazio il Gruppo storico dell'opportunità offertami e, soprattutto, la moglie Anna Maria Giulini, i figli Marilì e Giannantonio che mi hanno messo a disposizione tutte le opere edite ed inedite del padre e gli appunti per una biografia riordinati nel luglio 1992.

 

Riassumere il curriculum vitae di Ottone Menato è un'impresa ardua perché sono stati 82 anni vissuti con intensità straordinaria, anni di esperienze, di battaglie, di sofferenze.

Classe 1909, funzionario stimato e apprezzato presso la manifattura Lane'della Marzotto dal '32 al '69; Fu combattente in terra d'Africa nel '35-'37 e in Africa settentrionale nel '40 e per questo decorato con due Croci bronzee per meriti di guerra. Ferito in combattimento contro gli Inglesi, fu fatto prigioniero in India dal '40 al '46.

 

Tenente colonnello del ruolo d'onore degli Alpini, Presidente regionale degli Anziani del lavoro, consigliere nazionale della stessa associazione (ANLA) e Maestro del Lavoro.

Iscritto all'Albo nazionale giornalisti e pubblicisti, è stato corrispondente per 21 testate a livello nazionale ( fra cui Il Giorno, Il Gazzettino, Il Giornale di Vicenza, La gazzetta dello Sport); ha collaborato con altri giornali e periodici, ha fondato e diretto per decenni il giornale della Pro Valdagno "Il Nostro Campanile" ed è stato redattore del Bollettino dei Lanifici Marzotto.

La sua attività di giornalista meriterebbe uno studio particolare perché sicuramente l'articolo era una forma di scrittura a lui congeniale e in cui ha profuso impegno e risorse.

Non certamente da dimenticare la sua attività sportiva: calciatore, sciatore, scalatore e scopritore di nuove vie di roccia , è stato Presidente della sez. locale del Cai negli anni '30-'35, e dell' Hockey Marzotto dagli anni '60 agli anni '64.

La sua produzione di scrittore l'ha posto all'attenzione anche nazionale con libri e pubblicazioni che hanno ottenuto premi e riconoscimenti ambiti.

Ha vinto il Concorso Narrativa "Valsassina" con il racconto "L'uomo celeste" 1969 e ancora, nello stesso anno, ha ottenuto il I° premio al Concorso Nazionale della Gazzetta dei Lavoratori di Roma con 'Il lavoro è vita".

 

Nel 1972 con 'S.M. Musopeloso" gli è stato assegnato il I° premio Scrittori di montagna.

Ha avuto il III° premio nel Concorso Nazionale Narrativa con 'Uomini indifferenti" 1973.

E' venuto a mancare il 22 settembre 1991.

La sua intensa attività gli ha lasciato sempre il tempo di dedicarsi alla scrittura.

Si potrebbe dire che per lui scrivere era - come dice Natalia Ginsburg ne La vita immaqinaria - una particolare condizione dello spirito non rara e non pregiata nel senso che può nascondersi nelle persone più insospettate, una condizione dello spirito dalla quale a volte non nasce né nascerà mai nulla, a volte nascono opere che lasciano un segno.

 

Chi non ricorda L'ontano? Edito nel 1980 da Vladimiro Soldà S.p.A. di Vicenza, questa rassegna antologica a illustrazione del costume e del folklore in Valdagno e nella sua Prealpe ci mostra un Menato in veste di appassionato ricercatore di quel che siamo stati e di quello che ci portiamo appresso ancora oggi perché non vada perduto; ci mostra il suo modo di intendere la cultura come memoria storica che aiuta ad impostare meglio il futuro, ma ci mostra anche, nella presentazione di tante persone valdagnesi, la sua fine capacità di cogliere un tipo, di studiarlo nei suoi particolari e di fornircene un gustoso ritratto.

 

Anche l'altra opera Agnus Dei... del 1982 Edizioni "L'ontano" , che ha come sottotitolo Storie di lavoro in Valle dell'Agno, appartiene a quel genere di libri un po' cronaca, un po' storia che contribuiscono a fornirci una galleria di varia e viva umanità con cui tramandare nobili esempi di audacia, laboriosità, perseveranza e onestà.

Tante sono le persone che in queste opere l'autore ricorda e che sono diventati personaggi sia perché rivisitati attraverso il filtro della memoria, sia perché spesso investiti di quel soffio ironico e talora umoristico che ne ravviva i colori e dilata i contorni: da leggere tra tanti L'uomo celeste, Piero Fritola Snapa oppure Patan, Vigo Fiori, Giulio Posoleti & C.

 

Ma la stessa passione con cui il nostro autore viveva il giornalismo, la montagna, la famiglia, il mondo egli la espresse anche nella letteratura narrativa.

U.Eco in "Sei passeaqiate nei boschi narrativi" dice a proposito del mondo narrativo da parte di chi vi si immerge, o leggendolo, o inventandolo.

...passeggiare in un mondo narrativo ha la stessa funzione che riveste il gioco per un bambino.

 

I bambini giocano con bambole, cavallucci di legno o aquiloni, per familiarizzarsi con le leggi fisiche e con le azioni che dovranno un giorno compiere sul serio. Parimenti, leggere racconti significa fare un gioco attraverso il quale si impara a dar senso alla immensità delle cose che sono accadute e accadono e accadranno nel mondo reale.

Leggendo romanzi sfuggiamo all'angoscia che ci coglie quando cerchiamo di dire qualcosa di vero sul mondo reale.

E' anche la ragione per cui gli uomini, dagli inizi dellfumanità, raccontano storie. Che è poi la funzione dei miti: dar forma al disordine dell'esperienza".

Raccontare storie, anche per Ottone Menato, è stato il tentativo di dare ordine, chiarezza, significato all'esperienza, sia individuale che collettiva.

 

E veniamo ai suoi due romanzi editi.

Il I°  C'è sempre un po' di luce fu pubblicato nelle edizioni Contardi di Verona nel 1951.

Sullo sfondo di un paese industriale del Veneto e allfinterno di un lungo periodo di tempo che va dal 1907 al '43, sono narrate [e vicende di Valerio Borni che, cresciuto nel clima incerto ed equivoco del primo dopoguerra, è combattuto da unfansia di ricerca e di perfezione che non gli permette, nonostante varie esperienze d'amore e di guerra, di trovare la sua strada nel mondo che lo circonda. E rimane sempre più solo fino a che, tornato cieco dal fronte russo, ritrova se stesso anche grazie allfamore di una donna.

 

E' un romanzo in gran parte autobiografico in cui attorno al protagonista , romantico eroe, 'santo guerriero", inquieto e ribelle, ruotano altre esperienze ugualmente umane e feconde di quella generazione che, nata alla vigilia della prima guerra mondiale, il destino ha poi sospinto a combattere in terre e mari lontani. Ad es. è ricordata nel romanzo l'amicizia che legò Ottone Menato ad un altro scrittore valdagnese di grande animo e di pregevole intelletto:

Arturo Zanuso, che egli ricorderà poi ne L'ontano.

Senza virtuosismi e senza inutili lungaggini, perciò, l'autore parla della vita vera, con le sue vicende più toccanti, con le sue gioie e dolori.

" Se lo spirito non morrà ci liberemo dal male": dice il protagonista.

Si può sempre sperare in qualcosa di migliore, ma sarà l'amore a portare un po' di luce a Valerio che, se anche è ritornato dal fronte cieco, non smetterà di cercare la luce, anzi di luce trabocca il suo spirito con accanto Paola, la donna amata, l'intangibile creatura dei suoi sogni che saprà seguirlo nel suo umano e finalmente placato dolore.

I l messaggio è quello di fedeltà e ostinato attaccamento agli antichi intoccabili valori dell'uomo.

Tutti, piccoli o grandi, hanno qualche cosa da dire e da fare nella missione terrena.

Da parte di chi ha recensito il romanzo quando è uscito è stato fatto il nome di Dos Passos tra gli scrittori statunitensi quello a cui più si avvicinerebbe Menato, per quello strano costrutto del capitolo, tutto episodi e stacchi, sapientemente ritmati e ripresi in un vigoroso gioco di intrecci e di sviluppi.

Nell'ambito del romanzo italiano, invece, se c'è un modello di riferimento per il nostro autore potrebbe essere indicato nella narrativa di R. Bacchelli, i cui romanzi più noti sono 1:I diavolo al Pontelunqo del 1927, ma soprattutto Il mulino del Po composto tra il '38 e il '40 che ci presenta una vicenda familiare che si distende su più generazioni e utilizza la misura ampia del romanzo storico per esprimere la persuasione che la storia abbia una sua profonda logica, che la realtà abbia un significato ultimo che è quello assicurato dalla fede cristiana.

C'è sempre un po' di luce è però più orientato verso moduli neoveristici per le descrizioni, per l'indugio sui particolari, per l'uso frequente del dialogo e l'adozione di un lessico di forte espressività. ( qualche esempio: ci sono dei verbi che vengono usati con frequenza:

ciampicando, brancicando, vagolava, arrancare, incastronò aggranfiato sono toscanismi o anche voci popolari che conferiscono una patina arcaica originale alla sua prosa).

 

Con i tipi della casa editrice Gastaldi nel 1968 esce Latin lovers il II° romanzo di Ottone Menato.

Il titolo ripete una definizione degli italiani fatta da un modesto impiegatuccio indiano al protagonista che serve a rendere più amara la conclusione:

"Italians ... sorry. ..yes Italians gud! Brava gente, buoni lavoratori, buoni musicisti, gud singers,

buoni cantanti, famed latin lovers, yes ... sorry ... but not gud fighters. (famosi latin lovers, scusi

sa, ma niente buoni combattenti)".

Non però di amanti latini si parla, ma ancora una volta, e questa volta con una scrittura stringata, essenziale, di guerra in Africa e soprattutto di molti anni di prigionia, prima in Egitto, poi in India, di un capitano italiano con i vari tentativi di fuga dai campi di concentramento.

Anche questo romanzo se pure presenta fatti vissuti dall'autore non è un semplice resoconto di guerra, perché le vicende sono ripercorse dal protagonista-narratore che osserva, ascolta, riferisce offrendo gli elementi per una vera e propria ricostruzione storica. Ed è una storia non vista con gli occhi dei grandi protagonisti che ne hanno indirizzato il corso, ma una storia vissuta attraverso l'esperienza dei tanti che ne sono stati coinvolti e le conseguenze che i fatti militari hanno prodotto per migliaia e migliaia di persone.

I l ritmo narrativo è spesso interrotto per lasciare spazio a dialoghi caratterizzati da battute brevi, da digressioni , pause riflessive o descrittive.

Non mancano anche in questo romanzo certe espressioni insolite, ma pregnanti: per es. il tempo scorreva patriarcale, per dare l'idea della solennità di un tempo che, in guerra, non sembra scandito dai naturali ritmi, oppure fare il vagabondo di stelle per alludere alla riconquistata libertà, il piombo dell'odio per indicare il peso opprimente di questo sentimento.

 

Invece tra i romanzi inediti troviamo :

 Ottone MenatoS.M. Musopeloso del 1971. Si tratta di un racconto lungo che valse allo scrittore il premio letterario Brunaccini indetto dal Gruppo italiano Scrittori di montagna, presieduto da Salvator Gotta "per la novità letteraria ed il valore scientifico rappresentati si stacca dall' interpretazione alpinistica della montagna per tornare alla poesia dell'ambiente alpestre tout court" - recita la motivazione del premio.

C'è l'amore per la natura popolata dai suoi abitanti, animata dai suoi colori , regolata dalle sue leggi naturali di vita e di morte, senza tinte drammatiche né enfasi moralistiche.

 E veniamo all'ultima opera di Ottone Menato, La nostra Africa del 1975, in cui ritorna

ancora a quella che certamente sentiva come fonte di più spontanea ispirazione, la guerra in

Africa, negli anni dal '35 al '37; del resto Ottone aveva 26 anni quando partecipa a questa impresa e in questa esperienza - come lui disse: "Avventura, rischio, comicità, sentimento, spensieratezza, dolore si frammischiano pittorescamente insieme e le danno un sapore strano che avvince e appassiona".

Preparata da racconti che, ritoccati e integrati di pugno dall'autore, finiscono poi per costituire i futuri capitoli dell'opera, illustrata da foto e disegni, presenta in prefazione dei versi in omaggio a Karen Blixen; ma non vi troviamo certamente l'Africa della scrittrice danese con la sua natura, i suoi colori, i suoi abitanti, la sua magia, ma quella degli indigeni, dei fortini, delle marce di un battaglione vicentino in Etiopia.

 Il diario delle imprese prevale spesso sullo sviluppo dei personaggi , così come la ricchezza dei particolari militari s'impone sulle storie degli indigeni che pure vengono riportate, ma che, data la loro originalità, forse avrebbero potuto essere maggiormente sviluppate.

Lo stile è, come sempre, scorrevole e chiaro e risente più delle esperienze professionali di giornalista di Ottone che di una costruzione narrativa più complessa , mentre non mancano in quest'opera, come altrove, la sua generosità intellettuale, il senso di dignità come soldato e come uomo, il suo grande amore per la vita.

Tante sono state le persone che hanno scritto del nostro autore, ricordandolo come un uomo forte e appassionato nelle sue molteplici attività. Lo testimoniano le recensioni e le attestazioni ricevute.

L'intervista di Luigi Centomo su Il Giornale di Vicenza del 28 novembre 1986 mette in luce la intensa attività di Ottone Menato che lo colloca a ragione tra i valdagnesi che fanno onore alla città.

 Roberto Mazzola nel suo volume "75 anni di storia del C.A.1 Valdagno" scrive come Ottone abbia saputo guardare la montagna con occhi di poeta e con un sottile senso di umorismo: scriveva con il cuore riuscendo a tramutare la cronaca in poesia.

"Ha speso molto di sé ad inseguire i sogni di dar voce e forma al mistero della vita" - lo ricorda il dott. Domenico Franceschi in occasione della sua morte su Filo Diretto; "Ottone l'intrepido" intitola l'articolo del 5 marzo 2003 in ricordo di O. Menato l'amico e alpinista Bepi Magrin e il nipote e giornalista Carlo Pizzati in Appunti della Valle dell'Agno così si esprime nei suoi confronti: "E stato certo un esempio per tanti di noi, per molti anche della mia generazione, l'ultima, che può credere di fare come lui: elevarci, viaggiare, vedere, vivere, esplorare, amare, sentire, anche da soli, con un por di poesia, con coraggio".

 Recita una poesia di Franco Loi, autore milanese contemporaneo, intitolata Puèta:

 Poeta, dicono, d' uomo innamorato,

poeta, dicono, a chi piange la sera

e la mattina si alza disperato.

Ma anche al rallegrarsi si dice poeta,

a chi sa ben parlare, bere e mangiare,

e a quello che canta le donne, e ancora poeta

dicono la gioventù che sa meravigliarsi.

Ma quelli che fanno morire con la poesia

legata dentro, chiusa a chiave, e fanno annegare

nel gran libro della vita .... Avemaria!

Non sono poeti, non sono uomini da onorare.

Li chiamano massa e ciao, e così sia.

 Ottone Menato è sempre stato capace di provare un'antica serena meraviqlia di fronte alle cose del mondo.

Di fronte alle "bufere" della nostra epoca (guerre , prigionie, violenze di massa) è stato capace di dire "qualche storta sillaba" per dirla con Montale; nel tempo del benessere di massa, dei media, del computer, e di Internet, che hanno trasformato il mondo in villaggio globale ha continuato a innamorarsi, a impegnarsi, a rivendicare la sua libertà alla fantasia perché 'l'uomo non anneghi nel gran libro della vita".

 di Rosalina Lora - Valdagno 14 novembre 2003 - "Il Nostro Campanile"


 Ottone Menato:  giornalista

 da un articolo di Rosalina Lora - Valdagno 11 febbraio 2005

'I ricordi, queste ombre troppo lunghe del nostro breve corpo ...

così recitano i primi versi di una poesia di V. Cardarelli.

Ma "Vivere è anche conservare i propri ricordi ..."

E di ricordi ne ha lasciati molti Ottone Menato a testimonianza di una personalità forte e poliedrica: ha vissuto i suoi 82 anni da protagonista, dividendosi tra affetti familiari, esperienze di guerra, professione, viaggi e opere di scrittura, lasciando traccia di sé in molti aspetti della vita sociale, culturale e sportiva di Valdagno e ottenendo pubblici riconoscimenti e premi anche a livello nazionale.

A completamento del percorso iniziato, in questa stessa sede, lo scorso anno con l'attività di poeta e romanziere di Ottone Menato cercheremo di vedere questa sera come il suo vulcanico temperamento si sia espresso con l'attività di giornalista anche questa perseguita sempre con costanza, determinazione, rabbia e umorismo fino agli ultimi anni della vita.

L'esordio giornalistico avviene con un articolo datato 19 marzo 1931 inserito nel N° Unico del CAI di Valdagno (1932) di cui egli è già Presidente: Ottone ha 23 anni, lavora alla Marzotto all'Ufficio Lane e Figli, ha pure maturato una buona esperienza di montagne, non solo su quelle di casa ma anche sulle Alpi e sulle Dolomiti, compiendo alcune prime ascensioni.

Del suo amore per la montagna è tutto percorso questo primo articolo Prima ascensione invernale alla 'Cima Carega" per il versante S. E. che si riferisce, appunto, alla prima salita sci alpinistica a questa montagna insieme a Tarcisio Fornasa e Momi Lasta; già è evidente qui la particolarità della scrittura dell'autore che, tra l'altro, vanta già una stretta amicizia con I'avvocato Arturo Zanuso, un uomo apprezzato nel campo della letteratura di quel tempo:sono pagine, infatti, le sue che nascono con un assetto giornalistico in quanto sono dei reportages nel senso etimologico del termine di riportare, ma mai come semplice e asettica riproposizione di fatti e situazioni e personaggi perché questi si rivestono di un'atmosfera speciale come se fossero usciti da un sortilegio.

Per es. nel testo citato c'è la soddisfazione per aver raggiunto la cima, ma anche quella di aver potuto gustare il panorama stupendo intorno: 'il sole scandalizzato dalla nostra sfacciataggine per aver violato anche questo versante della montagna, si ritirò aristocraticamente dietro una cupa cortina di nubi di carattere bisbetico": si può qui notare la bella figura retorica della personificazione del sole: il sole sembra quasi una persona viva dotata di sentimenti umani ( "scandalizzato" "si ritira aristocraticamente"), e non solo il sole , ma la natura tutta ("nubi di carattere bisbetico'?).

 

Nel settembre 1935, quando Ottone andò volontario in Africa Orientale inviava a La Vedetta fascista di Vicenza i suoi "peni" di spedizione su tipi, usi, costumi del paese di Amhara verso il confine sudanese o dell'amba di Uogherà ( le ambe sono montagne isolate di forma troncoconica dell'altopiano etiopico) nelle vicinanze del lago Tana dove la terribile stagione delle piogge portava allo spasimo la resistenza fisica e morale dei Legionari valdagnesi: si tratta di reportages esotici, "impressioni d'Africa che, insieme al diario degli avvenimenti, verranno raccolti poi nel volume inedito "La nostra Africa".

E' già stato ricordato dal Dr. Domenico Franceschi che di Menato fu amico, oltre che aver condiviso con lui l'amore per la letteratura, l'arte e la cultura in genere, che questi testi possono ricordare gli articoli che famosi inviati speciali del lontano passato (come Luigi Barzini, Ugo Ojetti, Curzio Malaparte, e più tardi Alberto Moravia, Bernardo Valli) scrivevano per importanti quotidiani.

"Non deve suonare azzardato appaiare Ottone a tanti riveriti nomi: in alcuni suoi scritti egli può stare alla pari per gusto ritmico, accuratezza lessicale e sottile forza umoristica con quelle qualificatissime firme".

(Dr. Domenico Franceschi in Filo Diretto Ricordo di Ottone Menato gennaio 1992) Posso citare a tal proposito l'articolo-racconto (Quolla Uogherà) scritto 11 23 Settembre 1938 mentre si trovava nella ex Africa Orientale Italiana (AOI) per servizio militare e riportato anche in Filo diretto del Gennaio 1992 in occasione del ricordo che il Dr. Franceschi fece dell'amico, dopo qualche mese dalla sua morte.

Contemporaneamente comincia a comporre anche articoli per il Bollettino dei Lanifici Marzotto ( che si chiamerà poi Filo Diretto) pubblicato intorno agli anni '30 per conto della principale industria del luogo, la Marzotto, e rivolto ai suoi dipendenti e con il quale Menato inizia una lunga e proficua collaborazione prima come corrispondente e poi come redattore.

In un articolo intenso e toccante neI l° Bollettino dei Lanifici Marzotto del giugno 1938 egli ci descrive la tragedia dell'Eiger dove trovarono la morte i due valorosi scalatori Sandri e Menti di cui ricorda le figure e cerca di ricostruire quei tragici momenti.

La sua vocazione, possiamo chiamarla così, alla scrittura sia di opere narrative sia, soprattutto, giornalistica fu coltivata dagli incontri, durante la seconda guerra, quando fu fatto prigioniero, con giornalisti, Beppe Pegolotti (della Nazione di Firenze) e Nino Nutrizio (il futuro direttore de La Nazione) e il pittore e scrittore Enzo Benedetto, autore del Manifesto "Futurismo oggi" a cui anche egli aderisce; tali incontri e la scrittura furono anche un conforto alle forti tensioni e coercizioni psichiche del momento.

Collabora e redige sia la rivista di arte varia "Alta tensione'', sia il giornaletto "Trampolino".

Dopo la guerra rientra alla Marzotto, all' Ufficio Pubblicità, e al suo lavoro accompagna la collaborazione, oltre che al Bollettino, anche alla pagina letteraria di alcuni giornali con Cronache d'oltre mare (Gazzettino Sera-VE e Tempo nostro- ROMA - quindicinale di reduci delle classi 1908-1924):

si tratta ancora di articoli, non nel senso puramente tecnico, che abbiano come scopo precipuo l'informazione, ma piuttosto racconti riguardanti la guerra in Africa settentrionale o la prigionia Es. Morti vivi da Tempo nostro (2 febbraio 1947) oppure sono rievocazioni, ricordi vibranti di emozioni Es. Libro di scuola nel Bollettino dei Lanifici (maggio 1947).

In fondo questo è il carattere della scrittura di Ottone, mai freddamente oggettiva, anzi riccamente descrittiva e narrativa, di forte coinvolgimento emotivo.

Gli Anni Cinquanta sono gli anni più fervidi della sua attività di scrittore.

Pubblica il suo primo romanzo "C'è sempre un po' di luce".

E nel maggio del 1953 ottiene l'iscrizione all'Albo Nazionale Giornalisti e Pubblicisti figurando nell'elenco dei Pubblicisti non professionisti del Veneto.

Molti furono gli articoli che egli scrisse e per varie testate.

E' stato, infatti, corrispondente per i giornali:

  • IL GIORNO Milano
  • IL PICCOLO Trieste
  • IL GLOBO Roma
  • IL GIORNALE DI VICENZA
  • IL GAZZETTINO Venezia
  • IL CORRIERE LOMBARDO Milano
  • LA GAZZETTA DELLO SPORT Milano

ed ha collaborato a tanti altri, sia quotidiani a tiratura nazionale e regionale, sia fogli periodici a livello locale.

Collabora a periodici come Vita vicentina, dove scrive sui nuovi pionieri dell'imprenditorialità valdagnese, con pagine apparse anche successivamente neI il nostro Campanile e poi confluite nell'opera Agnus Dei.

Si interessa al panorama storico-culturale valdagnese, interesse soprattutto per gli artisti della vallata che mantenne per tutta la vita e a cui dedica successivamente un posto di rilievo nel capitolo Contributi alla cultura nel volume Contano.

Scrive per es. nel ' 53 sul 'Giornale di Vicenza' un articolo per la prima mostra personale dell'emergente pittore Franco Meneguzzo, nel '74 collabora con la Commissione per la Galleria Civica d'Arte Moderna-Palazzo Festari - del Comune di Valdagno: sul catalogo pubblicato in occasione della mostra dedicata a Otello Fochesato tracciò un ritratto biografico di questo "ragazzo del '99 (ndr. nel senso di 1899) ....fotografo di valore dal temperamento di artista".

Cura poi anche le recensioni di mostre personali di alcuni artisti locali, quali Bortolami e Zen.

Non mi sembra neppure da trascurare l'articolo del Campetto apparso sul 'Giornale di Vicenza' del 28 novembre del 1954 ristampato dall'arch. Giulio Pizzati in occasione dell'80° compleanno di Ottone e che testimonia il suo interesse verso gli studi storici avanzando l'ipotesi per la prima volta sulla presenza dei Romani in posti di così difficile accesso.

Ma il fulcro della sua attività giornalistica, in cui ha dato il meglio di se stesso può essere considerato sicuramente "Il nostro Campanile", che fonda nel 1956 , dopo essere entrato a far parte dell'Associazione PRO VALDAGNO e facendolo diventare l'organo di stampa della pro-loco presieduta allora dal Cav. Rino Marchetti.

E' stato il Direttore responsabile per trent'anni del periodico, salvo una breve interruzione; bollettino non solo dei soci della pro loco, ma una viva voce della città, rivela l'appassionato contributo del suo fondatore per la diffusione della storia locale, per lo sviluppo delle idee e della cultura in favore della gente di Valdagno, ma, soprattutto, per mantenere un legame sentimentale con tanta gente emigrata all'estero.

Il nostro Campanile sarà la voce della vostra terra, della vostra città, della vostra valle, dei vostri amici".

Così dice nell'articolo di prima pagina del I° numero - Natale 1956 - che rende lo spirito con cui Ottone si era assunto il compito rivolgendosi ai compaesani sparsi in tutto il mondo e invitandoli a scrivere: "Non preoccupatevi dunque della forma con cui raccontate la vostra vita; quel che per noi ha valore è la sostanza delle cose più che la loro apparenza.

Se ci permettete daremo una lustratina ai vostri periodi, gli metteremo la cravatta nuova e li faremo diventare passabili".

Non è trascurabile il fatto che quando cominciò ad essere pubblicato Il nostro Campanile erano gli anni della ricostruzione dell'Italia, in cui le difficoltà economiche erano enormi, ma erano anche anni in cui gli italiani erano pieni di iniziativa, di voglia di fare, di costruire ed emigravano per tentare fortuna, Il titolo racchiude da un lato una esigenza di umana collaborazione -"nostro"- e dall'altro lo sforzo di uscire dal proprio io e recuperare invece con gli altri la propria individualità, le proprie origini all'ombra del campanile.

Inizialmente, dunque, il nostro campanile ha il carattere di raccolta e scambio epistolare.

Poi il contenuto comincia a diversificarsi con l'inserimento di notizie di attualità, di storia, di costume; si incrementa l'interesse per i fatti amministrativi, culturali, sociali e sportivi della vallata.

Negli anni '60, quando iniziano anche a Valdagno tensioni sociali e fermenti di insofferenza, di lotta, di volontà di un cambiamento il periodico ha saputo svolgere il ruolo di essere cronista attento e scrupoloso e dar voce anche al clima di diffuso fermento sociale del tempo.

Negli anni '70 il giornale consolida sempre più il suo aspetto di periodico di informazione della Valle dell'Agno, ma, contemporaneamente, si arricchisce di servizi speciali atti a rievocare, ricostruire o puntualizzare aspetti di vita vissuta o problemi del momento.

Più spazio si è dedicato, nel nostro lavoro, a Il nostro campanile (che continua tuttora le sue pubblicazioni) e al contributo che Ottone Menato ha dato a questo periodico, sia perché più lungo e continuativo è stato il suo impegno in esso, sia perché tale impegno dimostra la sensibilità e l'attenzione che il nostro autore ha riservato alla comunità valdagnese dotandola di un proprio organo di informazione.

Certamente un giornale locale avrebbe potuto anche diventare un centro di dibattito sui problemi politici esistenti e anche di denuncia delle cose che non andavano.

Ma non era questo l'obiettivo del Direttore e dei redattori, quanto piuttosto quello di offrire un piccolo compendio della nostra storia ed essere una fonte di informazione copiosa e insostituibile per conoscere la vita della nostra Vallata e Menato da vero giornalista chiedeva, si informava con curiosità viva e pronta.

Io penso, d'altra parte, che sia sempre piacevole leggere le cronache spicciole della nostra zona, bello ammirare le vecchie foto di periodi ormai remoti, serio riportare tradizioni culturali e linguistiche che fanno parte del nostro passato e che rischiano altrimenti di andare perdute, utile fornire informazioni tra le più varie.

E Ottone Menato anche nei suoi contributi all'interno del periodico si dimostrò non solo accurato cronista, ma anche acuto interprete e sereno commentatore dei segni dei tempi .

Così di anno in anno, accanto ai soliti ricordi in prima pagina alle persone lontane, da una parte si ripercorrevano gli Itinerari di "Incontro club" o vi trovavano spazio anche i suoi racconti come per es. L'uomo celeste nel 1970, poi raccolto ne L'ontano ( pag.238) dall'altra si avviava la discussione sul problema delle comunicazioni tra Valdagno e Schio con la soluzione principe del traforo sotto passo Zovo, oppure circa la recettività turistica di Valdagno con l'articolo Turismo - moneta (Luglio 1957).

Comunque, sia che si tratti di un testo di carattere informativo o di carattere narrativo quella di Menato è sempre una pagina che sa intrattenere, perché non appesantisce, non teorizza.

Si potrebbe dire che Menato fa della narrazione il perno del suo giornalismo.

Mi pare quasi di ritrovare quella che Eugenio Scalfari definisce "informazione narrata" e che è propria di quei letterati nati dal e con il giornalismo, dove hanno forgiato il proprio talento. Ai nomi già precedentemente citati si potrebbero anche aggiungere autori-letterati come Buzzati, Parise, Arbasino, Oriana Fallaci, e, tra gli stranieri, Dos Passos e Steinbeck.

Anche la prosa sa alternare momenti di distensione lirica a laconiche ed incisive considerazioni sulla realtà che va esplorando.

I fatti sono come illuminati da intuizioni fulminee sempre tese ad indagare le problematiche dell'esistenza.

Da letterato non spersonalizza i suoi pezzi, anzi li carica di una verve propria, diventano scritti anche intimistici in quanto riflesso della sua personalità, con tutte le sue idee, le sue speranze, le sue disillusioni.

Intorno agli anni Settanta si intensificano i suoi incarichi: già nel 1964 era stato eletto Presidente del Gruppo dei Lavoratori Anziani Marzotto, iniziando così un'intensa attività, retta con grande passione e dedizione per 26 anni, in favore di quelle persone che, dopo il loro lungo servizio di lavoro nell'Azienda, si voleva mantenere vitali e interessate.

Col suo spirito d'iniziativa aveva fondato il Notiziario ANLA Valdagno, pubblicazione molto apprezzata in ambito locale per la varietà e la ricchezza delle informazioni contenute che andavano dalle notizie sulle pensioni e sanità alla cronaca spicciola, passando attraverso le spigolature e i flash di storia locale.

Era un'iniezione di vitamine che rimetteva in moto il sangue degli ... anta.

Menato, infatti, non voleva vedere la senilità come anticamera della rassegnazione che avrebbe portato inesorabilmente alla consunzione di quell'inestimabile patrimonio di conoscenze ed esperienze di cui gli anziani erano, invece, per lui, depositari.

E proprio lui che, in questi anni Settanta, aveva superato la sessantina, ben quattro pubblicazioni dirigeva:

Notiziario mensile Gruppo Anziani del Lavoro Marzotto Anla

Notiziario Mensile Alpini Valle dell'Aqno, fondato nel febbraio '76, ne rimase Direttore per sette anni.

Nel 50' Anniversario della fondazione della Sezione cura e realizza il Numero Speciale dedicato agli Alpini del luogo, ripercorrendone le gesta che li hanno visti protagonisti in pace e in guerra.

Notiziario Valle dell'Agno fondato nel maggio 76 con lo scopo di ricordare ai soci gli avvenimenti e le manifestazioni rientranti nell'ambito istituzionale e che non potevano essere soddisfatte da Il nostro Campanile.

 

Il nostro Campanile

Nel 1972 cura un Numero Unico del Bollettino dedicato alla Storia della Sezione di Valdagno del C.A.I. nel Cinquantenario della sua fondazione (1922-1972) Continua, inoltre, la lunga collaborazione con Filo diretto Nel novembre del '70 con l'incarico di addetto stampa e propaganda è tra i fondatori del Comitato sviluppo vallata dell'Agno, sorto con lo scopo di risvegliare l'interesse su quei problemi che avrebbero potuto risolvere il futuro economico della Vallata (al I° punto del programma c'era il Traforo dello Zovo che verrà realizzato più di trent'anni dopo).

Negli anni Ottanta con l'opera L'Ontano (1980) Ottone Menato condensa tutto il lavoro giornalistico dei notiziari e de Il nostro Campanile.

E' questa I'opera che certamente ci restituisce la ricchezza dei suoi interessi, la sua solerzia di ricercatore, lo spessore della sua curiosa intelligenza.

In questa rassegna antologica a illustrazione del Costume e del Folklore in Valdagno e nella sua Prealpe ha fissato istantanee della vita locale , ha ricostruito avvenimenti e personaggi e così ha contribuito al recupero di un patrimonio che sicuramente sarebbe andato disperso.

Con la pubblicazione di "Agnus Dei" ..., Storie di lavoro nella valle dell'Aqno (1982) vengono raccolte le storie dei pionieri dell'artigianato della Valle dell'Agno, gli sforzi e i sacrifici, ma anche le tante soddisfazioni legate al veder nascere, crescere e svilupparsi le loro aziende.

Queste storie erano già state pubblicate, in parte, precedentemente, su bollettini e periodici.

 

Cito alcuni titoli:

  • Nasce a Valdagno lo stabilimento Lavacopi (ottobre 1952),
  • Storia meravigliosa dello stabilimento grafico Francesco Zordan (novembre 1952),
  • Tovo, salvaci! (dicembre 1952),
  • Colorvald di Tarcisio Fornasa ( 29 marzo 1953)
  • II molino Melen di Valdagno ( 29 marzo 1953)

In queste pagine scorrono le nitide ed efficaci caratterizzazioni di tanti esponenti delI'imprenditoriaIità valdagnese.

Sono storie dense, fondate sulla tenacia, sul coraggio, e sull'intuizione di uomini anche audaci e rivelano l'ammirazione che sempre Menato ha nutrito per le persone che hanno fatto lavorare il cervello e sfruttato le idee.

"Il successo si trova sulle strade nuove ancora sgombere" - ricorre spesso scritto in questi articoli-storie.

Ambedue le opere ci restituiscono quello che per Menato era anche cultura e cioè conoscenza di usi e costumi di quel che siamo stati e di quello che ancor oggi ci portiamo appresso; cultura come memoria storica che ci aiuta ad impostare meglio il futuro.

Lo stile è, come sempre, fluido; la narrazione naturale, spontanea, briosa.

Menato è stato, dunque, un protagonista della vita civile e dell'associazionismo valdagnese, con una attività costante sviluppatasi per decenni, sempre attento a coniugare le piccole vicende da campanile con gli apporti di orizzonti più ampi.

Ha raccontato tutto ciò che avviene in Città e fuori, dalla cronaca spicciola ai problemi più importanti, non trascurando quegli spunti che possono animare la scena e renderla più palpitante e vicina a noi.

Ha scritto in tempi in cui articoli e servizi non viaggiavano con la velocità e i mezzi di oggi e il tempo non consumava, come oggi, così rapidamente tutti gli eventi.

Perciò i suoi pezzi non perdevano nulla del loro interesse e si leggevano con avidità anche dopo diversi giorni e si leggono ancora con piacere perché sono pagine di ricordi personali e collettivi, illuminati dalla passione e dallo spirito indomito di un uomo a cui ben si addicono gli ultimi versi della poesia di V. Cardarelli, citata all'inizio:

"Dovevamo saperlo che l'amore

brucia la vita e fa volare il tempo".

 A conclusione di questo lavoro voglio rivolgere i più sentiti ringraziamenti alla famiglia di Ottone Menato, la moglie Anna Maria Giulini e i figli Marilì e Giannantonio che mi hanno messo a disposizione tutto il materiale in loro possesso, al Signor Vittorio Visonà, responsabile della Redazione de Il nostro campanile che mi ha permesso la consultazione del periodico dal I°numero - Natale 1956 - agli anni 90, ed infine al Gruppo storico per la fiducia e la stima sempre dimostratemi.