IL NATALE DEGLI ALTRI Stampa
VITA PARROCCHIALE - catechesi

(riflessione spirituale per le domeniche di Avvento – IV 19.12.2010
a cura di don Gianluca Padovan della Unità pastorale San Clemente-San Gaetano)

Ecco, a Natale ormai mancano davvero pochi giorni.

È una festa, e siamo felici, non vediamo l’ora che arrivi per scambiarci i regali, per stare insieme, per riunirci attorno alla stessa tavola. C’è una poesia grande nel Natale, che muove qualcosa nei nostri cuori, ed è giusto che sia così, perché nella nascita di Gesù Dio ci dona il Salvatore, colui che tutti aspettiamo per dare pienezza e senso alla nostra vita, e magari salvarci da difficoltà e dolori che ci stanno toccando.

 

Questo, e questo solo è nel cuore di Dio, il desiderio immenso e invincibile di venirci incontro per sollevarci, guarirci, riempirci di gioia e di speranza.
Ma il modo in cui avviene non è sempre facile da riconoscere ed accettare.
Guardando al racconto del Vangelo di oggi viene da chiedersi in che modo nella vita di Giuseppe la venuta di Gesù è stata una salvezza. In effetti, per lui non è stato affatto facile confrontarsi con il progetto di Dio.

La sua vita stava procedendo bene, era addirittura alla vigilia del matrimonio, e molti di noi hanno provato in prima persona tutta la felicità, l’eccitazione e anche la paura che in quel momento si fanno avanti. Giuseppe sognava di vivere con sua moglie, di avere figli, costruire una famiglia che poi gli avrebbe dato nipoti, e questi sarebbero stati per lui e per Maria il sostegno nella vecchiaia e l’eredità da lasciare in questo mondo, il segno che loro c’erano stati e avevano concluso qualcosa.

Ma ora un altro sogno si fa strada nel suo cuore, il sogno di Dio che lo mette davanti ad una strada radicalmente diversa. Giuseppe deve diventare un pellegrino nel deserto, come il Battista delle domeniche passate. Pellegrino perché deve abbandonare le sue speranze e camminare verso un sogno diverso, verso una prospettiva nuova. Non più figli suoi, ma un solo Figlio di cui fatica a comprendere l’origine e che certo non sarà mai suo. Una moglie che gli viene in qualche modo tolta, perché non sarà mai madre della sua discendenza. Un futuro in cui Giuseppe sa di non poter più lasciare alcuna traccia del suo passaggio nel mondo, di non poter più concludere niente sotto il suo nome. E lo sappiamo, Giuseppe scomparirà, persino dai Vangeli. Così umile, così al margine, Dio gli chiede di mettersi in disparte e lasciarsi dimenticare. E quello di Giuseppe diventa un deserto interiore, forte e duro come pochi.

Eppure Giuseppe dice di sì. E il suo sì è forse più grande e più doloroso anche di quello di Maria, perché lei potrà seguire quel bambino tutta la vita e vedere la sua gloria, mentre Giuseppe svolgerà il suo compito e poi si ritirerà senza avere il tempo di conoscere il risultato straordinario della vita di Gesù.

Ma dice di sì, e mostra a tutti noi che è possibile dire di sì anche a quello che non ci realizza, anche a quello che non ci piace, anche a quello che non è a nostro vantaggio. Perché Dio ci chiede di essere suoi collaboratori per la gioia degli altri, non perché siamo noi a stare meglio. Dio non è una consolazione, è un impegno e una sfida da affrontare! E questo Natale, con gli occhi di Giuseppe, sia accogliere il Salvatore con assoluta gratuità, senza pretendere che Dio ci paghi in qualche modo, solo per la gioia di incontrarlo, di vederlo, di stare con lui almeno un poco, e di essere felici, come il buon Giuseppe, perché abbiamo fatto qualcosa di buono per qualcun altro.