Riflessione Religiosa settimanale - MORIRE DI SPERANZA Stampa
VITA PARROCCHIALE - catechesi

A cura di don Gianluca Padovan
(Omelia tenuta durante la messa  della  Cerimonia commemorativa al Sacello Ossario del Monte Pasubio 27 Giugno 2010)

In questa domenica ci ritroviamo a celebrare la Messa in un luogo particolare, e per motivi particolari. In questo tempio della memoria, memoria di guerra, di morte e di sacrificio, noi celebriamo la memoria del sacrificio di Gesù, della sua lotta e della sua morte.

Un percorso sul quale camminiamo tutti noi, perché è il percorso che appartiene a tutti gli uomini: nascere, vivere secondo valori e ideali, lottare per affermarli o difenderli e per prendersi cura di ciò che è prezioso, e un giorno morire.

La vita è una lotta, è una guerra, se vogliamo, nella quale cerchiamo di conquistare pace, gioia e serenità per noi stessi e per coloro a cui vogliamo bene. E in questa guerra veniamo feriti, a volte sconfitti, e possiamo perdere tutto. Umanamente, nessuno rischierebbe la propria vita in questo modo, perché a cosa servirebbe aver conquistato o difeso qualcosa a prezzo della vita, se poi non possiamo goderne?

Ebbene, il sacrificio è possibile, ma solo a due condizioni: anzitutto amare i fratelli come se stessi, come ci ricorda Paolo nella seconda lettura. Questo amore ci rende capaci di servire il prossimo anche con la nostra vita, perché la gioia degli altri è la nostra gioia.
La seconda condizione è la speranza, la fede nella vita eterna promessa da Dio. Quella fede che Gesù chiede nel Vangelo, e che rende capaci di rinunciare a tutto, ai beni e anche agli affetti, affrontando ogni taglio e sacrificio puntando tutto sulla speranza che la morte non sia la fine, e che questa vita non sia l’unica a nostra disposizione. C’è una vita che continua, più forte e luminosa di questa, e nella quale anche ciò che abbiamo perduto in questo mondo ci sarà restituito.

Gesù stesso è l’esempio più grande di questa capacità di donarsi, di sacrificarsi per gli altri: lui ha amato il mondo così tanto da offrirsi sulla Croce per salvarlo, ed ha sperato in Dio Padre perché lo risuscitasse. Così Gesù diventa capace di accogliere con amore anche il rifiuto, come nel caso dei Samaritani del Vangelo di oggi, e respinge la violenza che tentava i discepoli per far valere a forza le loro ragioni.
Camminiamo allora con fede dietro a Gesù, sapendo che il suo percorso ci chiederà di amare e di credere, e ci condurrà al sacrificio per il bene degli altri. Per alcuni, come i nostri fratelli qui sepolti, significa morire tragicamente per difendere e proteggere. Per altri, come noi, significa morire un poco ogni giorno spendendoci per gli altri.