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VITA PARROCCHIALE - catechesi

(Riflessione religiosa settimanale a cura di don Gianluca Padovan)

DOMENICA XXIII  del tempo ordinario - 5 settembre 2010

Cosa significa essere cristiano? Cosa distingue un credente? Noi siamo in grado di riconoscere facilmente un musulmano, un ebreo o un sikh quando li incontriamo per la strada, semplicemente per i loro abiti, la lingua e la nazionalità. Si distinguono.

Noi no. La nostra fede non ci impone un abbigliamento particolare, non abbiamo una lingua sacra, possiamo appartenere a qualsiasi nazione e razza. Neppure il crocifisso al collo è un segno sicuro, poiché molti lo portano come semplice ornamento.

No, un cristiano non lo si può riconoscere con un’occhiata superficiale. Viceversa, chi ci sta accanto, chi ci frequenta quotidianamente dovrebbe notare i segni della nostra fede. Noi apparteniamo a Cristo, viviamo seguendo i suoi passi, camminiamo sempre dietro a lui. Noi siamo cristiani nella misura in cui ogni nostra decisione, ogni parola, ogni giornata la viviamo davanti al nostro Signore, misurandoci con il suo esempio.
Noi siamo cristiani se cerchiamo di assomigliare sempre più a Gesù, comportandoci come lui si è comportato ed educandoci a vicenda per avere in noi i suoi stessi sentimenti.

Per questo abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, che come ci ricorda la prima lettura è un dono per raddrizzare le nostre vie e farci vivere da salvati. Per questo dobbiamo tutti essere come Paolo, che nella sua lettera cerca di accompagnare Filemone a provare sentimenti degni di Cristo nei confronti del suo schiavo Onesimo, per trattarlo non da servo ma da fratello.

Questo significa essere cristiani: amare Cristo sopra ogni cosa e fare di tutto per camminare dietro a lui, a cominciare dalla cosa più difficile: prendere sulle spalle la nostra croce. Quella croce fatta di peccati e di errori, di occasioni mancate, di sofferenze non cercate e a volte non meritate, di prezzi pagati al posto degli altri, spesso costretti, vittime di ingiustizie. Prendere tutto questo e riconoscerlo parte della nostra vita, senza negare che ci costa parecchio, ma liberi di assumere queste responsabilità perché siamo pronti a tutto pur di stare accanto al Signore che amiamo. E Lui sta sulla Croce, quindi per essergli vicini dobbiamo accettare di essere crocifissi con Lui.

E la Croce è una sfida dura, che ti spoglia di tutto, che ti consegna inerme e indifeso, incapace di fare qualcosa, fallimentare fino all’osso. La durezza della Croce va ben oltre il dolore fisico, e scegliere di salirvi e rimanervi è un progetto a lunga scadenza, che richiede convinzione. Bisogna pensarci bene, prima di scegliere di seguire Gesù, dietro a Cristo non si cammina con leggerezza! Perché la Croce pesa, e se l’hai presa distrattamente ti costringe in fretta a mettere i piedi per terra, anzi ti schiaccia letteralmente contro la terra!

Non inganniamo noi stessi, illudendoci che Cristo sia una specie di personal trainer per farci stare in salute, o di mago Merlino per risolvere i nostri problemi. La Chiesa non è un centro benessere! È una famiglia, dove bisogna imparare a convivere anche con i parenti più problematici, è una casa dove dobbiamo tenere conto gli uni degli altri, dove non possiamo illuderci di avere tutte le ragioni. È un Calvario, da salire con calma ed attenzione, armati di pazienza e di speranza, sapendo in anticipo che qualche volta cadremo e ci faremo male, e avremo bisogno di un Cireneo che porti la Croce con noi. Ma se la strada di Cristo è dura, noi possiamo percorrerla! Il Padre ce ne ha dato la forza.

Ed è bello restare su questa strada anche nelle difficoltà, perché così possiamo contemplare le spalle del Signore che cammina davanti a noi, ed il suo volto quando si gira per farci coraggio, e camminando, faticando e soffrendo insieme, siamo uniti più di chiunque altro in questo mondo, perché nelle prove i legami d’interesse e di piacere si spezzano, mentre i legami d’amore si rafforzano fino a diventare eterni.