di don Samuele Stocco
Pasqua. Ogni anno, preparare l’omelia per la Pasqua risulta sempre difficile.
A Natale siamo tutti presi dalla tenerezza, dalla gioia della nascita di un bambino, giovedì Gesù lava i piedi e si dona nel pane, il filo rosso del servizio e dell’amore che arriverà ad essere totale al Venerdì Santo… e fin qui è facile più o meno. Anche tanti storici, credenti e non credenti sostengono che Gesù è davvero esistito, che è nato quando l’imperatore era Augusto e che sotto l’imperatore Tiberio mentre Ponzio Pilato era governatore nella Giudea ha subito il processo ed è morto come un malfattore, la morte in croce infatti era riservata ai malfattori, ladroni o omicidi e soprattutto era riservata ai cittadini dell’Impero che non erano romani.
Nessun romano infatti muore in croce, neanche San Paolo perché era cittadino romano. Fin qui tutti sono d’accordo, la morte in croce è stata vista da tutti, ma… il dopo? Come anche noi tutti abbiamo fatto esperienza che ci è venuto a mancare un nostro caro, un nostro amico; la morte è così evidente, ma è il dopo, credere che è risorto, che Gesù è vivo, che i nostri cari defunti sono vivi.
Nessuno mai è tornato indietro per dirci com’è, così dicevano i nostri vecchi, come modo di scherzare ma nello stesso tempo indica la scommessa della fede ed io personalmente ringrazio sempre gli Evangelisti, tutti e quattro perché non si sono lasciati guidare dal buon senso ma dalla verità. Chi di noi, se scrive una storia e arriva al punto culminante su cui poi si fonda tutto quanto (perché se Gesù non fosse risorto vana è la nostra fede ci dice sempre Paolo), avrebbe scritto in maniera diversa, che anzitutto non una donna ma gli uomini (infatti per la deposizione al tribunale era valida la testimonianza concorde di due uomini, la testimonianza di una donna non era ritenuta valida) vanno al sepolcro convinti e certi di trovarlo vivo?
Invece tutti gli evangelisti ci parlano della fatica del credere, Maria di Magdala parte quand’è ancora buio, è mattino presto il sole sorgerà ma lei sperimenta ancora il buio, buio fuori ma soprattutto buio dentro. Sta andando al sepolcro come noi, quando il giorno dopo del funerale portiamo un fiore o semplicemente la nostra presenza davanti alla tomba. Andando trova che la pietra è stata rovesciata ed è vuota, eppure lei non pensa subito alla resurrezione, non c’è ancora la fede ma come tutti è ancora guidata dal buon senso: cos’è questo? Chi lo ha portato via?
Così anche noi, ancora immersi nella notte del mondo la fede non è immediata, è un lento lavorio, un esile filo, scalpello su dura pietra e comincia con il domandarci: cos’è questo che accade? Tuttavia non basta un sepolcro vuoto a far credere. Magari ogni mamma sotto le bombe, di corsa come Maddalena, trovasse la fossa comune vuota! Sono necessarie due corse, Pietro e il discepolo che Gesù amava.
Ieri sera all’annuncio delle donne che è risorto non si sono scomposti. Ora che Maria di Magdala afferma che è stato rubato si mettono subito in moto. Come ci rappresentano Pietro e Giovanni, siamo più disposti a credere alle cattive notizie che alle belle notizie, corrono tutti e due ma l’altro discepolo corse più veloce. Non è l’età che conta come si suol dire … è l’amore, è la passione! E nel vangelo di oggi, a differenza di quello di ieri sera, non ci sono risposte, non ci sono proclami da parte di angeli che affermano che Egli è vivo ma un segno: una tomba vuota e le vesti posate e piegate!
Oggi non c’è una risposta ma un’assenza, l’assenza di una fine, l’assenza di una morte certa! Ed è ancora nei segni dell’amore che nasce e germoglia la fede. Il discepolo amato vede i teli posati con il sudario e inizia a credere secondo il verbo greco che Giovanni ha usato! Ma che cosa vede quel discepolo in quei teli se non la maniera con cui Gesù piegava le sue vesti, la modalità con cui piegava il tallit dopo la preghiera in sinagoga? Come noi, che della persona amata ci bastano pochi segni per capire se è passata o no in casa, se deve ancora arrivare o meno.
E noi siamo come le donne di Pasqua, siamo creature di desiderio e di ricerca! E poi lo stupore di Pietro! Non è possibile la Pasqua; è illogica! Pietro vede soltanto è tutto contro ogni ragione. Ripartiamo allora dallo sbalordimento, guardiamo al nostro Dio che lava i piedi, guardiamo al crocifisso devastato e perdonante! Lasciamoci stupire da Gesù per tornare a vivere perché la grandezza del vivere non sta nell’avere, nell’affermarsi ma nello scoprirsi amati!
Qui è la grande meraviglia della vita: sapersi amati. La vita non si misura dal numero dei respiri che facciamo ma da tutti quei momenti che ci mozzano il respiro! Allora che la croce e la Pasqua ci tolgano il respiro, anche solo per un attimo!