Ma c’era la fabbrica (c’è ancora come edificio) ma “La Fabbrica” era molto di più, era una dimensione di vita. Mio nonno vi entrò a 9 anni nel 1879 e ne uscì pensionato nel 1950. Dopo 61 anni di lavoro. Lì, all’interno dei reparti, nascevano amicizie che legavano per tutta la vita famiglie. Chissà, non è del tutto escluso immaginare che forse fidanzamenti e matrimoni nascevano legati anche alla vita di fabbrica. C’erano anche “immigrati”, venivano anche da altre regioni assunti soprattutto come tecnici e dirigenti alla Marzotto.
Alla fine degli anni ’60 arrivarono da fuori anche molti insegnanti in seguito alla istituzione in vallata delle Scuole medie nei vari comuni e che richiedeva molto più personale. Come aspettative di realizzazione professionale dei figli molti genitori aspiravano che potessero entrare in fabbrica, magari prendendo il loro posto in una forma di passaggio generazionale.
Chi ha mai pensato che la parte più vecchia e, in parte, monumentale del nostro cimitero sia pure un viaggio nella storia locale? Ci sono le tombe delle famiglie più importanti della città con l’indicazione della professione e dei servizi che i loro esponenti maggior hanno prestato nella città. Alcune famiglie sono de tutto scomparse, altre sono ancora presenti nel loro discendenti.
Ancora oggi, pur nelle grandi trasformazioni e crescita della città è riconoscibile una precisa zona urbana dove di raccoglievano le case delle famiglie signorili sul corso principale e il quartiere popolare che corre lungo la via Rio. Almeno fino alla fine della seconda guerra mondiale non mi pare che recuperando le foto, Valdagno fosse molto più estesa.
La mia città non ha grandi monumenti storici da presentare a turisti e viaggiatori, pur poggiando le sue radici nel medioevo come feudo dei conti Trissino, ma non manca di storia. Bisogna avere la pazienza di scoprirla in quello che ci passa davanti ogni giorno. Non è che ciò venga subito colto. È con l’esperienza didattica che ho fatto che mi ha permesso di renderla visibile. Con gli alunni abbiamo osservato in alcuni edifici ricreativi della città sociale le sigle del committente (come si faceva una volta con gli edifici importanti) e l’indicazione (solenne) della data in caratteri latini dell’anno di costruzione dell’era fascista.