IL CROCIFISSO NON OSTACOLA MA GARANTISCE LA LIBERTA' RELIGIOSA PDF Stampa E-mail
ATTUALITA' - interventi

Di Stefano Dall’Ara consigliere provinciale UDC

Vorrei portare sul sito Valdagno.info una mia riflessione sulla recente vicenda (e forse già dimenticata) a proposito della questione del Crocifisso. La Corte di Strasburgo con la condanna del crocifisso nelle scuole ha pronunciato una sentenza che non solo è andata oltre le sue competenze (e la sua stessa giurisprudenza), ma ha dato una interpretazione della libertà religiosa che è soprattutto non contro una religione ma contro l’uomo.

La libertà religiosa, almeno come è intesa da noi cristiani, ma direi da tutti gli uomini di buon senso, è aperta a tutti, dialoga e insegna ai giovani a dialogare con gli altri e a vedere nei simboli religiosi segni di fraternità tra gli uomini.

Inoltre, la sentenza ha ignorato che la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 prevede che il ragazzo sia educato «nel rispetto dei valori nazionali del Paese nel quale vive e del Paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua» (articolo 29).

La corte aridamente non risponde alla domanda fondamentale come sia possibile educare in assenza di valori: avremmo una scuola, desolato terreno senza un passato e senza indicazioni per il futuro. Quale contenuto hanno i generici valori di convivenza civile spogliati di ogni riferimento di valori, di simboli e di ragione?

La nostra storia, come quella di tutti i popoli, non è racconto, è vita vissuta da innumerevoli generazioni che ci hanno preceduto e devono essere ricordati e pure presenti, non solo gli eventi, gli eroismi, ma anche i valori di riferimento e i simboli, tra i quali il crocefisso è il più noto in tutto il mondo. 

Il crocifisso non è un simbolo di parte, che limita la libertà di educazione, simbolo di pace e di amore universale, esso è stato il punto di riferimento di una spiritualità che è l’essenza dell’arte, della musica, del pensiero, in una parola, di civiltà di un continente che, di là delle divisioni confessionali, e pur in un’epoca di profonda secolarizzazione e trasformazioni, da sempre e ancora è cristiano.

Esso sta ancora civilizzando e sostenendo interi continenti, si pensi all’Africa. Unisce gli uomini in un orizzonte di valori che sono a servizio dell’umanità intera, alla base di tantissime attività caritative e del dialogo interreligioso.

Questo simbolo non ricorda soltanto una Persona, ma tutti coloro chi sono morti in nome di messaggi di spiritualità e di fratellanza. L’essenza del messaggio di Gesù è che solo chi ama il prossimo, può dire di amare Dio. Chi può negare che il discorso della Montagna non abbia rappresentato il punto più alto per la dignità di tutti gli uomini? A chi soffre dell’ingiustizia, a chi opera il bene nella vita terrena andando incontro agli altri, a chi è malato, a chi non ha nulla e ha bisogno di tutto, Gesù ha promesso il Regno di Dio.

Ora questo messaggio è raffigurato in un simbolo. Per questi insegnamenti è conosciuto, amato, rispettato e venerato in tutti gli angoli della terra.
Esso non solo non deve essere escluso, ma entrare a pieno diritto nelle scuole, nei tribunali, negli ospedali, nelle carceri, laddove si soffre o s’impara a diventare uomini capaci d’impegno responsabile, in una parola: veramente uomini.
Essere ostili al crocefisso vuol dire fare la guerra a se stessi e alla propria coscienza. 

Gli uomini hanno radici e identità, senza le quali non possono parlare con altri, non hanno la forza accogliere con amore altre persone. Un Paese soltanto neutrale sarebbe un guscio vuoto, una parentesi fredda nel fluire della storia, una terra di nessuno, incapace di educare le future generazioni.
Ci pare che non manchino esempi per sostenere. Come, con quali idee ci confrontiamo con gli altri popoli e continenti in un’epoca che chiede incontro e dialogo, ma anche confronto?

Riflettiamo sulla realtà assurda di questa sentenza anche alla luce di una semplice constatazione: chi avrebbe il coraggio di chiedere all’Asia buddista di togliere dagli spazi pubblici i simboli di Buddha il compassionevole, o ai musulmani di nascondere il Corano, tacere il nome di Allah in pubblico e celare la propria fede nelle scuole? Nessuno avrebbe il coraggio di farlo, anzitutto per paura delle reazioni, ma anche per un senso di turbamento nel pretendere dagli altri di spogliarsi della propria storia e tradizione religiosa.