A PROPOSITO DI INNO VENETO Stampa
POLITICA - commenti
Il Gruppo Consigliare provinciale LIGA VENETA ha presentato al Consiglio Provinciale l’approvazione un Ordine del Giorno con il quale si invitava il Consiglio stesso ad adottare l’inno veneto “Na bandiera, na lengoa, na storia”.
Il Consiglio nella seduta del 6 ottobre ha dibattuto per più di un'ora, non adottando tale inno, ma concordando con l’utilità che le radici venete vengano comunque valorizzate.
Il Consigliere provinciale della Valle, dott. Stefano Dall’Ara, su questo dibattito ci ha fatto o pervenire una sua riflessione, in parte anche esposta in sede di dibattimento nel Consiglio.

(di Stefano Dall’Ara, consigliere provinciale UDC)
Proviamo a dare la definizione della parola inno:
secondo un buon dizionario, esso è un componimento poetico che, associato al canto e alla danza in Grecia, mirava a invocare e a pregare la divinità, cantandone le imprese e le virtù. Passato poi alla cultura latina, si sviluppò anche come semplice genere letterario come in alcune carmi di Orazio.
In ambito cristiano l'inno è originariamente denominazione di salmi, canti biblici, dossologia eccetera e, più tardi,  componimento in lode di Dio della Santissima Trinità della Vergine, e dei Santi costruito da strofe metriche ritmiche ciascuno con canti contenuti nel breviario. Liricamente in forma di preghiera, esprimono il significato delle feste delle ricorrenze annuali settimanali del giorno. nel culto protestante, inno è, insomma,   ogni canto religioso usato per il servizio divino.
Infine, è pure canto patriottico, politico, di guerra, da eseguire coralmente, ispirato all'esaltazione dei valori ideali che trascendono l'individuo, di sentimenti comuni a un popolo. a un partito, una qualsiasi comunità: ad esempio l'inno dei lavoratori, gli inni nazionali, ma anche il canto patriottico prescelto come rappresentativo di un paese destinato al canto corale o anche solo all'esecuzione musicale, come quando la banda esegue l'inno nazionale. Quello  italiano, ricordiamolo, è stato poeticamente dettato da Mameli e musicato da Novaro nel 1847.
Fatta questa breve e colta introduzione, ci chiediamo che significato o quale necessità possa avere la creazione, o la scelta, di un inno veneto? A  quale categoria delle precedenti lo possiamo assegnare ?
Si  vuole riunire tutti quanti veneti attorno a un comune sentimento? Ma, più che a un inno, io penserei piuttosto a uno dei tanti canti che ci hanno legato tutti assieme senza distinzioni di alcun tipo nei momenti ricreativi fin dai nostri primissimi anni (Quando saremo fora dala Valsugana, Me compare Giacometo, sul ponte di Bassano...), per questo non c'è che l'imbarazzo della scelta.
E poi, l'inno veneto non potrebbe che essere composto in versi in lingua veneta: allora, quale lingua veneta scegliamo? Il veneziano puro, il veronese, il padovano, il Veneto  delle montagne o dell'Altopiano, la filiazione del dialetto veneto triestina? Scegliamo  le espressioni fonetiche e grammaticali tedesche delle zone cimbriche, quelle di derivazione slave importate dalla Dalmazia?
Certamente, il Veneto è una lingua, ne ha tutta la dignità. Con  questa lingua si sono espressi grandi scrittori, e pensiamo solo al Goldoni, in tutti i generi letterari. Ma, onestamente, riteniamo che questa possa tornare a diventare una lingua insegnata a scuola, se non come contenuto puramente culturale, ma pure come lingua vissuta?
Più aumenta la possibilità di comunicare con altri, maggiore è la possibilità di intesa senza il ricorso alla forza. Pensiamo che, onestamente, un vicentino e un napoletano potrebbero capirsi se comunicassero ciascuno nel proprio dialetto?
Il problema di fondo, pertanto, non è quello di riconoscere nella lingua del dialetto delle nostre terre un fondamento anche del nostro carattere, della nostra identità, del resto molto problematica, perché la storia ci dice che il Veneto è stato veramente una zona di frequenti diversificati insediamenti, fin dai tempi dell'invasione barbariche ad epoca recenti, che ne hanno caratterizzato l'impronta umana e culturale diversificandole da zone a zona.
Purtroppo, e questo è il fenomeno che dovrebbero preoccuparci di più , è che anche la lingua italiana sta scomparendo, perché sempre minore è il numero di vocaboli che gli studenti, i ragazzi, i giovani imparano a scuola e usano quotidianamente. Abbiamo una lingua povera, che non solo poco esprime dell'interiore ricchezza e della complessità delle idee di cui l'uomo è portatore, ma anche incapace ormai di trasmettere cose concrete precise.
La parola è sempre più equivoca, nel nome del politically  correct ambigua, espressione di persone che non sanno più fare delle scelte ma preferiscono non esporsi e rimanere a interni di un gruppo,m senza valorizzare la singolarità.
Porre il problema della lingua veneta ha un significato e, direi pure, una sua necessità?
Certamente sì, perché essa ha una espressività che talvolta non riusciamo a tradurre nella lingua italiana corrente. Ma, come recuperare la sua utilità educativa nel contesto quotidiano?
Sarebbe questo sì un grande compito culturale da affidare alle scuole venete, ma con strumenti e mezzi, e probabilmente anche insegnanti, che oggi non sembrano a disposizione. Ma è un compito educativamente molto importante, direi fondamentale per il futuro.
Porre la necessità di un inno veneto in questo momento suona un po' vuoto e retorico. Alla  fine, a cosa esattamente servirebbe, se non fosse in qualche modo riconosciuto come segno della storia, della cultura e della civiltà veneta?
Ma, ripeto, questo non significa che la riscoperta delle radici venete, che ci portiamo tutti dietro nel rapporto anche con le altre culture provenienti dall'immigrazione e nelle presenti necessità non sia importante