Di Riccardo Lovato
Contrada Castagna è un luogo isolato, si raggiunge in auto da una strada stretta e sterrata. Non è più abitata, le persone hanno scelto altri posti più comodi dove stare. Qualche fabbricato è stato sistemato per essere usato come seconda casa, ma ci sono molti ruderi. C'è una fontana che dona ancora acqua, c'è un forno per il pane.
Oggi qui regna il silenzio, il bosco si sta riprendendo i prati sottratti un tempo, gli animali selvatici vagano indisturbati fra questi scheletri di pietra e legno che tanti anni fa hanno conosciuto la vita.
Una volta c'erano persone, uomini, donne, bambini. Bambini che giocavano, che a volte combinavano guai, che dovevano crescere in fretta per aiutare i genitori. Bambini che dovevano avere una istruzione, anche in tempo di guerra.
Era il 1944, tre fanciulli di 8,10 e 11 anni stavano tornando dalla scuola, che era giù, a valle. Il tragitto più breve non seguiva la strada ma un sentiero in mezzo ai boschi dove, al pari di caprioli e camosci, i bambini correvano almeno due volte al giorno con i loro libri, con la loro innocenza, con la loro curiosità.
Esiste un piccolo spuntone di roccia poco lontano da quel sentiero; una sporgenza libera dagli alberi con una veduta senza pari sulla valle. Un posto pericoloso, sul ciglio di un burrone come molti altri esistenti nella zona, con il solo difetto di essere ben visibile anche dal paese. E quel giorno in paese c'era il “nemico”.
Non è saputo se fosse un'esercitazione, se fossero di passaggio o altro, ma erano in paese con i camion, le jeep, le divise, le armi; e per i bambini era sufficiente, chi di noi non è mai stato affascinato da bambino
dai camion, chi non ha mai giocato alla guerra, chi non ha mai visto con timore e curiosità il mondo degli adulti quando fanno qualcosa di "strano"?
Quel giorno i tre fanciulli spinti dalla curiosità si misero sul promontorio a guardare quel movimento a valle. I tedeschi li videro e li scambiarono per partigiani. Partì una raffica di mitra.
Francesco cadde a terra, gli altri due scapparono spaventati e con una corsa disperata giunsero alla Contrada, dove con il cuore in gola trovarono rifugio. Uno di loro aveva una bruciatura di pallottola alla tempia. Il resto è solo dolore.
Oggi su quello spuntone c'è una colonna mozzata e la foto di un bambino; la foto ha ancora lo sguardo rivolto a valle. Attualmente è stato realizzato un nuovo sentiero per raggiungere la lapide, ad opera del sig. Spanevello Franco, guida alpina recentemente mancato, il quale ha aggiunto questa opera: