IL BENE VA FATTO BENE PDF Stampa E-mail
VITA PARROCCHIALE - catechesi

Riprende, dopo la pausa estiva, la riflessione religiosa settimanale a cura di don Gianluca Padovan

Che cosa è necessario per essere buoni? Fare cose buone. E certamente quello che facciamo è importante. Ma non basta, e non è neppure la cosa più importante.

La Parola di oggi ci invita a considerare il modo in cui facciamo le cose, quel modo che è decisivo per stabilire il valore dei nostri gesti. Non basta compiere gesti di generosità, se poi li facciamo bruscamente, come un fastidio o facendo sentire agli altri il peso della nostra bontà verso di loro. Se vogliamo essere generosi, dobbiamo esserlo davvero, agendo con gioia e con umiltà, con gratitudine.

Sì, gratitudine verso coloro che aiutiamo, perché ci danno la possibilità di fare del bene. Siamo noi in debito verso chi aiutiamo, e non il contrario come sembrerebbe a prima vista. Siamo noi quelli che ricevono di più, proprio quando possiamo dare qualcosa.

Questa è la vera umiltà, quella che sa rendere dolci i gesti, gli sguardi e le parole, ed è su questo che dobbiamo verificare il nostro comportamento. È troppo facile dire: io spendo il mio tempo per gli altri, quando non lavoro mi impegno nel volontariato, mi occupo dei miei parenti malati, sono attivo in parrocchia… non è questo che conta, e non può diventare qualcosa di cui vantarsi o un pedaggio da pagare a Dio per sentirsi a posto con la nostra coscienza, o peggio per credere di essere più bravi degli altri.

Piuttosto, domandiamoci com’è che svolgiamo il nostro servizio, qual è la qualità del tempo che offriamo, e qual è la qualità del nostro cuore quando offriamo noi stessi agli altri. Come siamo noi, nelle occasioni in cui cerchiamo di fare del bene?
Se siamo scontrosi, se imponiamo il nostro punto di vista, se non sappiamo pazientare, perdonare e persino dimenticare, se ci arrendiamo e non perseveriamo nella ricerca della pace e della concordia, allora noi stiamo indossando la generosità come una maschera per nascondere la nostra superbia, invece di convertirci.

Mettersi all’ultimo posto non è soltanto un modo di dire, e non è qualcosa in più. Gesù non dice: fate del bene, in qualunque modo vi riesca. Perché il bene fatto male, non è più bene. Il bene va fatto bene, diceva san Giovanni Bosco, e lo diceva proprio guardando all’esempio di Gesù, perché per il Signore il mezzo conta tanto quanto il fine, ed anche di più.

Quando si fa qualcosa di buono, lo si deve fare per niente, e questo non significa soltanto non chiedere ricompense. Sappiamo bene che anche senza chiedere, siamo molto bravi a far capire agli altri che stiamo aspettando almeno un “grazie”, e ci risentiamo se non arriva.
Gesù ci comanda ben altro, e ce lo mostra per primo: noi non dobbiamo aspettarci nessuna ricompensa, perché non la meritiamo. Se facciamo del bene, non stiamo facendo una cosa in più, ma l’unica cosa giusta e degna che possiamo fare. Non c’è nulla di cui essere orgogliosi nel fare cose buone, perché sono quelle la norma, e l’eccezione è il male, non il contrario, ed è così che la vede Dio. Lasciamo che da qui nasca la nostra umiltà, vera ed autentica, lasciamoci conquistare dallo sguardo di Dio e facciamolo nostro, per vedere che tutto il bene di cui siamo capaci non è straordinario, ma è quanto di più naturale possiamo fare, ciò che dalla creazione è scritto nell’ordine del mondo, ciò per cui siamo stati creati.

E se agiremo con questa fede, allora non potremo che far bene, e farlo bene.