di Federico Maria Fiorin
Ci siamo da poco lasciati alle spalle un altro Natale. Ma le luci che hanno accompagnato queste festività, continuano, da più parti, ancora a brillare. Abbiamo iniziato a vederle accese, in alcuni casi, già nei primi giorni di novembre, poi sempre più rapidamente hanno iniziato ad illuminare piazze, vie, giardini, balconi, terrazzi. Non solo quindi i tradizionali abeti di Natale, ma i balconi di Natale, i cornicioni di Natale, le siepi di Natale, gli alberi di tutte le specie di Natale, le ringhiere di Natale, i corrimano di Natale, i comignoli di Natale, le siepi di Natale, i cancelli di Natale, le cucce di cani di Natale ecc., e negli spazi pubblici le luci di Natale proiettate sui palazzi del centro città.
La presenza delle luci natalizie rientra certamente nella tradizione culturale che caratterizza il mondo occidentale, almeno a partire dal secolo scorso, ma si tratta di una tradizione in rapida evoluzione, che spesso ha perso il significato primigenio con la cultura cristiana, e che sempre più trascende in decorazioni kitsch, trasformando il periodo dell’anno che contraddistingue il Natale in un più confortante e neutro Holiday Season.
Rimane peraltro un fatto, certificato dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), che durante il periodo natalizio vengono prodotte in media 80mila tonnellate di rifiuti di carta e cartone, mentre le emissioni inquinanti legate ai trasporti salgono del +130%, e per addobbare alberi e case vengono rilasciate 20mila tonnellate di CO2 nell’atmosfera, con i consumi energetici che aumentano del 30%.
Questo periodo dell’anno dunque, oltre a generare una enorme quantità di rifiuti, lascia un’impronta non proprio leggera sull’ambiente, tra picchi di consumi energetici e aumenti delle emissioni di gas serra. Sempre scorrendo i dati del Sima, tra l’8 dicembre e il 6 gennaio, vengono rilasciate nell’atmosfera un equivalente di 650 tonnellate di CO2 al giorno!
L’inquinamento luminoso prodotto dalle luci natalizie intacca anche gli ecosistemi della fauna selvatica notturna, può causare disturbi al sonno e l’incremento di cefalee. Ma dall’altra parte sembra anche che luci e addobbi natalizi favoriscano positive ricadute sulla psiche delle persone, stimolando la produzione di dopamina e serotonina, e dimostrandosi efficaci nella cura della depressione. In tutto questo quello che forse più stupisce è vedere lo schizofrenico rapporto che si ha con l’ambiente, e la questione ambientale in generale. Ci si lamenta spesso, e a ragione, della mancanza di sensibilità e attenzione per le varie forme di inquinamento ambientale, ma si diventa tolleranti se la diffusione delle luci natalizie pervade gli spazi pubblici e i nostri spazi privati. Si invocano ordinanze contro i botti di fine anno per il danno che arrecano agli animali domestici, ma non ci si preoccupa minimamente dei danni che le luci artificiali natalizie, accese per un periodo di tempo che precede e prosegue ben oltre il Natale, arrecano alla fauna selvatica.
Certo, si può convenire sul fatto che un Natale senza luci è come una torta di compleanno senza candeline, tuttavia c’è sempre una misura nelle cose (ad esempio, ad una persona che festeggia il secolo di vita, non gli si piantano sulla torta 100 candeline, perché sarebbe come auguragli un enfisema polmonare!), ma è quando questo limite non lo si coglie o lo si supera solo per compiacere al proprio narcisismo, spesso anche di cattivo gusto, che forse non sarebbe male intervenire con misure coercitive sulla base della massima del principio kantiano che la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri.
Sul muro che delimita l’ex campetto di gioco della GIL, tra largo Francesco Bonfanti e via Giacomo Zanella, è riportato un tratto di una frase di Lord Baden-Powell, fondatore degli scout, che nella sua versione integrale recita così: “Noi non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri, ma lo abbiamo avuto in prestito dai nostri figli e a loro dobbiamo restituirlo migliore di come lo abbiamo trovato”. Ecco, bisognerebbe che ne fossimo tutti un po' più consapevoli.