La macchina in quegli anni ce l'avevano in pochi: i dirigenti della fabbrica, qualche professionista, il medico certamente, ma non molti di più. Il mezzo di trasporto più diffuso era la bicicletta e, infatti, l’azienda aveva costruito proprio di fronte allo stabilimento un “garage” che era destinato soprattutto per le biciclette degli operai. Per la maggior parte della gente già recarsi a Schio presentava qualche difficoltà visto la scarsità dei mezzi pubblici. Andare a Vicenza con il trenino, affettuosamente chiamato “Freccia dell'Agno”, era più facile, ma ci si impiegava almeno un'ora con un mezzo di traporto che non brillava per comfort.
A differenza di mio padre, che da giovane aveva scarpinato per tutte le Piccole Dolomiti, talvolta partendo alla sera del sabato dopo il lavoro per passare tutta la giornata successiva in compagnia nei nostri monti, io ero un ragazzino più portato al pensiero che all’azione (insomma ero pigro) mi limitavo a qualche passeggiata sulle nostre colline che però mi hanno sempre incantato.
Ci sono angoli magici e proprio a due passi dal centro cittadino. Amo la bellissima Val dei Santi, che prende il nome dalla omonima contrada che nel medioevo era un convento di frati dedicato appunto a Tutti i Santi. Lì scorre il torrente Rio che esce dal Calieron, che è, dicono, quasi paragonabile ad una cascata hawaiana e che io più di una volta ho cercato di raggiungere senza mai riuscire ad arrivarci.
Gli stessi luoghi sono oggi in buona parte segnati dall'abbandono e laddove esistevano i pascoli oggi i prati si rinselvatiniscono, soffocati dalle piante infestanti. Nelle passeggiate almeno fino alla mia giovinezza era facile osservare i segni di una economia agricola fiorente e, laddove non esistevano le coltivazioni, i pascoli erano ben tenuti. uelli delle contrade scendevano a lavorare in fabbrica ma poi aggiungevano le risorse del loro terreno, quindi la collina valdagnese era tenuta viva la una economia mista e, quando andando con le zie a trovare le loro amiche in contrada, si tornava a casa sempre con qualcosa in borsa.
Che ricordo ancora che almeno nei primi anni 50 esisteva una stazione termale perfino a Valdagno? Durante le giornate estive mio papà ci portava in passeggiata fino alla contrada Vegri di Campotamaso dove, su una panchina fuori della fonte, si poteva bere la quasi famosa “acqua Felsinea”. Magari era anche l’occasione per fare poi una piccola merenda sul posto e scoprire una contrada quasi in zona collinare.
Ora i ricordi fortunatamente sono ancora vivi e mi riportano alla memoria viaggi in luoghi che non esistono più. Le mie esplorazioni nel vicino hanno creato e mantenuto in me il ricordo di un paese (non sono mai riuscito a considerarlo città, semmai tendo a identificarlo con il leopardiano “Il sabato del Villaggio”) molto vivace, popolato, ricco di movimento con numerosi “Casolini” perché, non ricordo quando, fu certamente diversi anni più tardi che nacque il primo supermercato. Nella nuova città era stata aperta l’Unione Consumo, ma quelli del centro non la frequentavano. Per i giorni di festa il pollo si acquistava direttamente al mercato del venerdì da quelli delle contrade nella piazza dei “Polastri”. Il latte lo trovavi dal “lataro” e dovevi bollirlo subito. Non era certamente latte a lunga conservazione.