di Gianna Dalle Rive
Riportiamo dal bimestrale della ProValdagno “Il Nostro Campanile” maggio-giugno 2008 n. 3 questo interessante e drammatico servizio su un tema quanto mai attuale , per certi aspetti, drammatico. Un articolo del Giornale di Vicenza del 9 maggio scorso riferisce i dati di una inchiesta che ha coinvolto 340 studenti valdagnesi di istituti superiori, e titola allarmato “Gioventù bruciata: il 40% fuma e sniffa – tre ragazzi su dieci non disdegnano il sesso a pagamento. E il razzismo? Non è da punire”.
L’indagine è stata condotta con criteri scientifici da Giovanni Battilotti, medico, tossicologo ed endocrinologo dell’Ulss 5, ed ha evidenziato che il 40% dei ragazzi intervistati non si fa problemi ad usare droghe, pesanti o leggere; che il 28% non disdegna una notte di sesso a pagamento; che per il 27% intolleranza e razzismo non sono atteggiamenti riprovevoli; che per il 40% il teppismo non è da condannare (imbrattare i muri e far danni sono cose “normali”).
Infine, la metà di questi ragazzi ritiene che l’occupazione di locali pubblici (leggi: scuola) sia una legale forma di protesta, e il 72% non vede problemi ad utilizzare materiale informatico pirata. Maschi e femmine, tra l’altro, sono quasi sulla stessa linea.
La constatazione rivelatrice del cuore dell’indagine del dott. Battilotti è che vengono spazzate via le classiche giustificazioni che attribuiscono i comportamenti giovanili devianti ad un supposto e diffuso malessere esistenziale, che invece non sembra emergere nella consapevolezza di questi ragazzi, i quali si considerano “normali”, e, ritengono la devianza una sorta di “diritto evidente”, condiviso dal gruppo di appartenenza. L’unico discrimine è quello del titolo di studio dei genitori, e del reddito della famiglia. I ragazzi con famiglie più colte e facoltose sono meno inclini alla devianza.
Quello che emerge dalla ricerca del dott. Battilotti è da tempo evidente per chiunque lavori a contatto dei ragazzi, anche a livello locale. I genitori di adolescenti affrontano l’esperienza educativa in solitudine, senza adeguati strumenti e senza parametri di raffronto che permettano di valutare quanto il modo di vivere del loro figlio o figlia rientri nella norma.
Sono spesso anche troppo stanchi e presi nella loro stessa vita, troppo in competizione sul lavoro e nella coppia, per assumere appieno la responsabilità e la fatica del rapporto formativo con un adolescente, per trovare l’energia di governare lo scontento e la ribellione del cucciolo di casa.
Eppure, qui si tratta di salvare quello che di più prezioso abbiamo al mondo, i nostri figli. Ma chi ha modo di raffrontare il comportamento globale di gruppi di adolescenti, ed ha gli strumenti per riflettere sul loro modo di agire, si rende conto di assistere ad una amara deriva generalizzata. Alla base di tutto probabilmente sta un grande “rumore” che assedia il mondo psichico del bambino e poi del giovane uomo.
L’infanzia dei nostri ragazzi è generalmente improntata ad una grande solitudine personale, unita ad un totale egocentrismo. Figli unici, al massimo con un fratello o sorella, abitano famiglie nucleari che tendono a divinizzare ogni espressione del piccolo, attendendo ossessivamente alla soddisfazione di ogni bisogno espresso o inespresso appena viene alla luce.
Consumismo che riempie di oggetti il mondo affettivo del bambino, senza rassicurarlo né sul suo valore né sulla solidità affettiva della famiglia. Fondamenta fragili, e scarsissimo confronto con i coetanei. Nessuna palestra per l’affettività, nessuna conquista perseguibile ed adeguata ad allenare il mondo interiore di un uomo o di una donna.
Da questa desolazione di accumulo materiale, di zainetti firmati, di cellulari ultimo modello e i-pod, da questa terribile solitudine, nasce un bisogno informe di soddisfazione immediata, e un sostrato eterno di insoddisfazione cieca, che non trova mai pace. Il confronto è scontro, il branco diventa l’unica casa.
Le altre persone, i loro averi, i loro valori, i loro beni, diventano territorio di saccheggio. La giovane belva sbrana senza motivo, e prima di tutto sé stessa. Da qui atteggiamenti profondamente autolesionisti ed irrazionali, come l’abuso di sostanze psicotrope, i comportamenti pericolosi sulla strada, la sessualità mordi e fuggi.
L’energia e le potenzialità dell’adolescenza sono spesso sprecati in una sorta di ottundi mento che sgomenta chiunque tenti la via di un dialogo autentico. Il ventesimo secolo ha visto lo sperpero di qualche milione di giovani vite in due guerre mondiali, e in tanti altri drammatici conflitti.
L’alba del ventunesimo fa paventare il sacrificio della nostra “meglio gioventù” sull’altare di un Moloch fuori controllo, che è lo sfruttamento intensivo dell’essere umano in quanto soggetto ed oggetto economico. Forse varrebbe la pena di valutare bene, prima di iscrivere nostro figlio all’ennesimo corso, o di comprargli l’ennesimo gadget, se non varrebbe invece la pena di perdere qualche ora di straordinari per essere a casa quando torna da scuola, e vederlo in faccia, invece che mandargli un sms.
Magari per leggere sul suo viso la sconfitta di una giornata, e cercare insieme la strada per uscirne, più forte di prima.
Forse varrebbe la pena di negare a nostra figlia una serata in discoteca, e cercare di uscire insieme dal conflitto che certamente ne seguirà, ragionando sui costi e benefici della soddisfazione immediata e dell’assimilazioni alle leggi del gruppo, contro le priorità di un progetto di vita dove il divertimento ha un suo tempo e limite, e l’impegno e la fatica richiedono anche l’integrità fisica e psichica necessari al raggiungimento di mete quali la cultura e il titolo di studio, la stabilità affettiva, la soddisfazione personale.
Il futuro – personale e della società - richiede una costante manutenzione, e i nostri ragazzi hanno assoluto bisogno di cogliere la priorità di questa sorta di paradosso.
Cerchiamo di non cedere, noi per primi, al cinismo del “si salvi chi può”, che alla lunga non salva proprio nessuno. Il mondo è a portata dei nostri giovani, sia per la potenza dei mezzi di comunicazione che per la relativa facilità degli spostamenti.
Abbiamo il dovere morale di fargli comprendere che i grandi processi non sono ingovernabili, e sono alla portata dei loro sogni e delle loro necessità. Il fascino di personaggi come Barak Obama sta veramente in questo: “we can believe in change”: “possiamo credere nel cambiamento”.
Alla generazione dei papà e delle madri, dei professori e degli educatori, e di chiunque abbia coscienza civile, spetta il compito di trovare la forza per riavviare il motore, per dare un esempio e una speranza, per insegnare a credere in sé stessi. Come cantava, già nel 1977, il compianto cantautore Pierangelo Bertoli (1942-2002), bisogna trovare il coraggio e l’autorevolezza di dire ai nostri ragazzi, in qualche modo, e “liberando uno sguardo forte”, quello che a suo tempo hanno detto a noi:
“Figure di carta che bevono nuovi pensieri
E fragili miti creati dal mondo di ieri disperdono giovani forze sottratte al domani
Lasciando distorte le menti e vuote le mani
Consumi la vita sprecando il tuo tempo prezioso
Raggeli la mente in un vano e assoluto riposo
Trascorri le ore studiando le pose già viste
Su schermi elettronici oppure su false riviste
E tieni le orecchie tappate agli inviti del suono
E questa è una polvere grigia che cade sugli occhi dei figli dell'uomo
Deciso a sfuggire il tuo tempo che soffia e ribolle
Non abile a prendere il passo di un mondo che corre
Coraggio é soltanto una strana parola lontana
Tu cerchi rifugio in un pezzo di canapa indiana
Il sesso che prendi con facile e semplice gesto
Rimane ancora e di nuovo soltanto un pretesto
E ancora nascondi la testa alla luce del sole
Il sesso è scoperto però hai coperto l'amore
E tieni le orecchie tappate agli inviti del suono
E questa è una polvere grigia che cade sugli occhi dei figli dell'uomo
Fai parte di un gregge che vive ignorando il domani
E corri da un lato e dall'altro ad un cenno dei cani
Il mito di un lupo mai visto ti ha fritto il cervello
E corri perfino se il branco ti porta al macello
E dormi nel centro del fiume che corre alla meta
E niente che possa turbare il tuo sonno di seta
Qualcuno ti grida di aprire i tuoi occhi nebbiosi
Ma tu preferisci annegare in giorni noiosi
Non senti che ti stanno chiamando con voce di tuono
E questa è una polvere grigia che cade sugli occhi dei figli dell'uomo.”
Il Centro del Fiume" P. Bertoli