Il tricolore appartiene ai quei beni immateriali in grado di evocare un forte senso di appartenenza e di identità nazionale. Forse per l’Italia non è stato sempre così, fatta eccezione per le grandi vittorie sportive o le adunate degli Alpini, dove la bandiera diventa la vera protagonista. Tuttavia a differenza di altre ricorrenze (penso al 25 aprile, che personalmente ritengo sia una ricorrenza irrinunciabile, ma che mi rendo conto possa anche essere divisiva, e soprattutto per i nuovi cittadini italiani, magari nati e cresciuti in altri contesti storico-culturali, non rappresenta quell’idem sentire, che invece appartiene alla coscienza mia e di altri milioni di cittadini nati, cresciuti ed educati nella cultura antifascista) potrebbe effettivamente rappresentare un concreto simbolo di unità nazionale, comprensibile a tutti, e in modo particolare ai nuovi italiani che lentamente, ma inesorabilmente acquisiranno sempre maggiori spazi nel contesto sociale, politico, economico del nostro Paese, che è anche il loro.
Festeggiare in forma solenne dunque la bandiera nazionale nella giornata del 7 gennaio non toglie nulla al sistema Paese in termini di competitività economica (rimaniamo comunque all’interno di un periodo festivo che generalmente inizia il 24 dicembre per terminare il 6 gennaio, ma molto spesso anche qualche giorno dopo), e forse invece aggiunge: aggiunge la possibilità di rafforzare il nostro – di tutti i cittadini soprattutto di quelli provenienti da altre realtà – sentirsi italiani; aggiunge la possibilità di rivolgere una attenzione particolare ai cittadini di religione ortodossa; aggiunge la possibilità di un leggero prolungamento delle iniziative commerciali, tradizionalmente collegate al periodo natalizio.
Ammesso che la proposta possa contenere in sé un valore meritevole di attenzione, come fare per raggiungere l’obiettivo? O confidare sul buon senso e la raffinata intelligenza del Legislatore, oppure richiamarsi all’articolo 75 della Costituzione per promuovere un referendum abrogativo della legge n. 671/1996. In questa seconda ipotesi risulterebbe sufficiente togliere l’avverbio di negazione “non” inserito al termine del comma 1 dell’articolo 1 che così recita: “prevedere il carattere non festivo del giorno stesso”. In questo modo il secondo periodo del comma 1 risulterebbe così riformulato: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono fissate le modalità delle celebrazioni annuali che devono, comunque prevedere il carattere festivo del giorno stesso”.
Del resto riprendendo una frase di un grande manager industriale, Sergio Marchionne, “L'Italia è un paese che deve imparare a volersi bene, deve riconquistare un senso di nazione.”, questo potrebbe forse rappresentare un primo, piccolo, inizio.