di Francesco Fontana
Francesco Fontana (Cereda 1927- Valdagno 2007), insegnante di Storia dell’arte al liceo Pigafetta di Vicenza e per alcuni anni preside del liceo G.G. Trissino di Valdagno è stato uno studioso dell’arte, dedicando particolare attenzione alle espressioni locali. Con una sensibilità spiccatamente religiosa ha fatto conoscere nella loro specificità artistica aspetti naturalistici ed artistici trascurati o per nulla conosciuti del paesaggio e dell’arte del territorio valdagnese. Nel 1999 ha realizzato questa analisi artistico-religiosa, finora inedita, di opere ed edifici presenti in Valdagno. La pubblicazione è preceduta da una presentazione del figlio Stefano Fontana
Per mio padre, il prof. Santa Maria di Panisacco ha sempre rappresentato qualcosa di speciale. In essa si fondono tre elementi fondamentali della sua vita: la religiosità cristiana, la storia dell’arte e la musica. Quando saliva al santuario per suonare l’organo, per fare fotografie o scrivere, il suo stato d’animo era quello di un cristiano musicista e storico dell’arte.
Con l’arte era stato amore a prima vista sin dall’università, si era laureato nel 1946 a 22 anni con una tesi sul Palladio. Per 6 anni insegnò a Torino, dove scopri l’utilità degli strumenti didattici audiovisivi (ne sono prova i numerosi documentari d’arte prima con diapositive poi su videocassette e su DVD) e dal 1970 al 1993 tenne la cattedra di Storia dell’arte al liceo Pigafetta di Vicenza. Per lui l’insegnamento era una missione, era importante che tutti potessero cogliere i significati di un’opera, anche nei suoi dettagli, per arrivare a capire il linguaggio dell’artista. Nello scorrere dei testi ritrovo lo spirito di insegnante intimamente legato alla fede in Dio, che riconosceva come la chiave di lettura per poter capire ed amare quel luogo (S.F.)
Valdagno mantiene dimensioni a misura d'uomo come quelle delle nostre città durante il medioevo, e in più non ha mai avuto cinta muraria così che l'osmosi tra la natura e l'abitato è quasi sempre immediata. In pochi passi ci si ritrova in salita tra alberi maestosi come in una località alpina o sulle rive del torrente per osservare il volo degli aironi o tra le vigne sui colli.
I percorsi dal duomo, all'ospedale, al cimitero, obbligati per ogni essere umano dal primo vagito all'ultima dimora si percorrono a piedi in pochi minuti. I segni del sacro sono frequenti, rassicuranti, spesso statue senza pretese artistiche ma momento di aggregazione per la preghiera o segno di speranza.
Ogni manufatto che cerca un rapporto con il mistero è un documento importante del passato e del presente e si dipana lungo un unico filo che racconta la millenaria presenza umana nella nostra terra e la lotta per il vivere quotidiano.
L'ancona di maestro Girolamo del 1445 Il primo itinerario non può che esser la visita al duomo, richiede piccoli spostamenti nello spazio ma momenti lunghi di riflessione a cui qui si offre qualche suggerimento. Prima tappa l'ancona di pietra dipinta conservata nella sacrestia, firmata da Maestro Girolamo e datata 1445. Un unicum nel Veneto di grande intensità e monumentalità perché segno del passaggio dal Medioevo al Rinascimento, messaggio arcaico e maturo nello stesso tempo, memoria certa e sintesi di un modo di vivere e di pregare.
II nucleo base è la figura della Madonna col Bambino: la Madre come forza primordiale, salda come un macigno contro tutti gli ostacoli e le insidie, il bambino dono di Dio e Dio egli stesso. Sulla predella Cristo con i 12 Apostoli, sopra i santi più venerati e necessari per la nostra gente e otto padri della chiesa, più sopra Annunciazione e Morte e come coronamento la Città Celeste, il Paradiso.
Nella primitiva chiesa di S. Clemente l'ancona dominava incisa come le montagne che appaiono sullo sfondo verso le sorgenti dell'Agno. La prima preoccupazione in quegli anni era la precarietà dei terreni coltivabili per la minaccia sempre incombente delle acque dell'Agno ed ecco a sinistra il primo protettore invocato è S. Cristoforo: l'acqua cerulea gli scorre intorno alle gambe formando degli anelli sovrapposti come nelle iconografie dei più antichi mosaici paleocristiani, il saldo bastone, ramo nodoso da cui sbocciano le foglie, lo rassicura nel difficile guado, il pesante tabarro marrone col soppanno grigio azzurro e la tunica verde scuro lo riparano nel greve freddo invernale.