Ritorno
Al ritorno si capovolgono tutti i fenomeni dell'andata. Sono puntuali, vanno diritti al treno, sono più disciplinati, qualcuno che ha alzato il gomito un po', è in « cerina », ride e fa ridere gli altri. Per prima cosa si raccontano dove sono stati a mangiare, cosa hanno mangiato, bevuto, quanto hanno pagato. Hanno mangiato bene e neanche pagato caro. Sono stati da « Vittorio », al « Cavaletto » in piazza delle Erbe, alla « Rosa », al « Pozzo Rosso », alla « Torre Vecia ». E, naturalmente, per ultimo, non si può lasciare Vicenza senza passare da « Gobbo », dietro il Duomo, da « Crosara », in Piazza Castello, dove tengono sempre quel buon vino nostrano.
Le mutrie, i roversi, sono stati dalla « Pantegana » a San Giacomo, dalla « Cuccarola » a Ponte degli Angeli, hanno mangiato male e pagato caro. Il personale è screanzato. Sono clienti difficili, presuntuosi che battono sui piatti. Non c'è al mondo dispetto più grande per camerieri, come quello di battere sul piatto; è come le si battesse sul...!
Non prendono vino e il cameriere fa un risolino, poi si volta verso la cucina e chiama ad alta voce: « Un minestrone, senza vino, che il pane ce l'ha lui »! Tutti ridono, l'altro si rode e mostra il dente velenoso.
Il tram arranca allegro. Ceroni non c'è, questa corsa tocca a Crístofoletti, che raccoglie i soldi e dà il nastro. E via con qualche fischietto. Le compagnie « ciacolano », ognuno ha qualcosa da raccontare. Sono stati a vedere le « erbarole », quelle che vendono ortaggi in piazza, pezzi di belle more col cappello di paglia nera di Firenze e la penna di struzzo, con le cotole rialzate puntate con spilli di sicurezza mostrano una spanna di gambe.
Zan, racconta l'avventura successagli. Colta da una occulta necessità corre da Pacina, sotto la Torre. Bei cessi, nuovi, con le piastrelle; come adesso. Una palanca per... consumazione. Zan sta lì a godersi la palanca dopo la consumazione che le capita a tiro una delle sue, coi suoi centoventi chili, con un rumore da vetri rotti; manco farlo apposta nella cabina accanto c'è una mutria che suda e fatica: « Gnanca vergogna! ». E Zan. « Cossa vorlo co na palanca sentire anca la boeme? ». E giù, tutti a ridere spassosamente.
Fuori è buio.
Si passa tortuosamente per la via principale di Montecchio con le botteghe e le case con le luci accese. Fa un bel vedere stando beatamente seduti! Tutti hanno la loro da dire di « Montecio »: che piantano fagioli e nascono ladri, che per non rubarseli, anche fra loro, da furbi, li piantano fondi con la pistola.
Si arriva a San Vitale, dove i treni cambiano, e tanto per cambiare aria si va far visita di cortesia dove vendono vino, sentire anche se l'hanno cambiato. Quanti protesti! I sensali dopo tanti « tira e mola » e schiaffi sulle mani, per contratti fatti, se ne vanno per l'altra strada. Cì sono quelli che tornano da Arzignano, da Chiampo e s'imbarcano nella comitiva; anche costoro aggiungono la loro chiacchiera.