Un viaggio,da Trissino a Recoaro, 160 anni fa: dopo Napoleone, ma prima del treno, della Marzotto, della s.s. 246
di Giorgio Trivelli
(pubblicato in "Appunti - vita della Valle dell'Agno - maggio 1989)
Giugno 1825.
L'omnibus di Angelo Crosara di Valdagno ha undici posti a sedere. Quattro cavalli sudati lo tirano sbuffando, il postiglione a cassetta sembra un domatore del circo, ci tiene a far bella figura, è un punto d'onore distinguere la sua vettura dai villici carriaggi che sfilano, lenti, carichi, asino-trainati, lungo la strada assolata che porta in vista dell'abitato di Trissino.
La diligenza ha percorso dodici miglia, da quando è partita, qualche ora fa, da Vicenza. Sette dalla stazione delle Tavernelle. Il servizio di posta-cavalli funziona dal '21, e fra non molto diventerà giornaliero.
Pochi anni ancora, e in meno di dieci ore la gente potrà viaggiare da Vicenza fin su a Recoaro a far la cura dell'acqua quando le farà più comodo; una corsa al giorno, basterà scegliere il giorno, purché sia d'estate. naturalmente, quando arrivano i "foresti" per la bibita delle acque. Per ora, intanto, ci si deve accontentare di due o tre corse alla settimana, col postale che parte prima dell'alba. Fra poco, la sosta al Palazzetto, dove uomini e animali troveranno da rifocillarsi. La giornata è calda, la strada polverosa mette sete nelle gole arse dei passeggeri.
Siamo entrati nel Distretto di Valdagno, sette comuni, ventimila anime in tutto, più dell'ottanta per cento sono coltivatori della terra; e poi settanta ecclesiastici, 381 artigiani e manifattori, 262 "giornalieri artisti" e 126 negozianti in genere.
E' un distretto di cui gli Austriaci vanno contenti: la gente lavora, non alza più la testa come al tempo dei Francesi.
Si coltivano i bachi da seta, 55 mila piante di gelso da Trissino a Recoaro. Ci sono gli ulivi, ben 565, si produce il vino, si raccolgono in abbondanza castagne e frutta, nei campi crescono rape, fagioli, fave, legumi e soprattutto i "pomi di terra", che hanno salvato molti valligiani dalla morte per fame, nel maledetto inverno del '16-17, un gelo che è difficile cacciare dalle ossa, anche a distanza di anni. Ma ora biondeggiano qua e là della strada il frumento e il grano turco. Perfino su a Recoaro, nei posti più al sole, la collina si tinge d'oro per questi due cereali, preziosi, benedetti, quando il raccolto è buono. Ce n'è, di frumento e grano turco, dieci volte più che tutti gli altri cereali messi insieme, segala, orzo, avena, spalta, farro.
Quaggiù la pianura è prodiga, la valle dell'Agno è larga a sufficienza, ha il fondo piatto, il torrente scorre quasi nascosto fra i campi. Si vedono in lontananza, tra i vapori del primo meriggio, i monti di Recoaro.
Si riparte.
A destra la strada si lascia Castelgomberto e più avanti, sinistra, al di là dell'Agno, Brogliano con Quargnenta. Il prossimo Comune sarà Cornedo, con Cereda e Muzzolon. Poi si passa l'Agno sul ponte di pietra, prima di Valdagno, e il torrente è limpido, l'acqua scorre copiosa, nei "vaji" più in alto, là verso ponente e tramontana, luccica ancora la neve.
Alla stazione di Valdagno qualche viaggiatore scende. Altri salgono, verranno a Recoaro forse per qualche motivo legato alla "stagione" che sta per cominciare. Pagano al postiglione, una Lira Austriaca per quasi un'ora e mezza di scossoni sul selciato sassoso, con la strada che s'inerpica su per la valle fattasi stretta e ombrosa, ma fresca e piacevole malgrado la diligenza arranchi, inciampi, sussulti nel terreno accidentato. Eppure, sembra quasi un miracolo, questa nuova carrozzabile che ha sostituito la vecchia mulattiera o "strada cavallara".
Adesso i "foresti" si fermano a Valdagno sempre meno. Preferiscono proseguire per Recoaro, bersi sul posto tutta l'acqua che vogliono, senza farsela arrivare negli alberghi di Valdagno, portata a sera dai "mussatari" di Recoaro, allegri, rudi e avvinazzati.
Vogliono andare alle Fonti, i nuovi villeggianti, godersi il fresco e fare le chiacchiere alle terme, come usa la nobiltà e la borghesia vanesia di città. E ciò malgrado gli scossoni di questa strada non ancora ultimata. E malgrado il dispiacere dei valdagnesi che vedono sempre più deserti i loro alberghi, di Luigi Marzotto, di Lucrezia Bevilacqua Rubini, di Adamo Tomba e di Rocco Soster.
I quali, insieme a varie case date in affitto, "possono comodamente e decentemente alloggiare qualunque forestiero del più alto rango". Fino a 500 posti, per i forestieri, un numero tutt'altro che modesto. Sei Lire Austriache al giorno, centesimo più centesimo meno, con un supplemento di altre due Lire per il domestico. Trattamento di cinque piatti, un po' meno per il domestico, che deve accontentarsi di un trattamento "adattato alla di lui qualità".
A Recoaro l'albergo è più caro, sette Lire più due e mezza per ogni domestico. Ma c'è la comodità, appunto, di bersi l'acqua preziosa sul posto.
Certo che a Recoaro han cominciato a darsi da fare. Con la nuova strada i curanti arrivano a frotte, bisogna ben sistemarli da qualche parte, aprire per loro delle botteghe, dei caffè magari eleganti.
E mentre l'omnibus si lascia alle spalle Novale con San Quirico, i passeggeri raccontano le novità del paese termale. In pochi anni quei montanari mezzi tedeschi, forse quattromila comprese le cento e più contrade, hanno messo su 230 stanze in affitto, in una ventina di case del centro.
Ma non tutte sono raccomandabili, l'igiene non è proprio assicurata, come ha rilevato il Comune qualche anno fa, richiamando all'ordine affitta-letti, alloggiatori, betolieri e locandieri del paese. In compenso, 14 locande con oltre 200 camere, son destinate al "ceto mediò", ed altrettante, con oltre 240 camere, sono particolarmente adatte ad ospitare i villeggianti di riguardo. Tra queste si parla dell'Europa", del "Trettenero", del "Varese" e soprattutto degli alberghi delle Fonti, quello dei Fratelli Giorgetti e l'altro di Matteo Facchin. Al "Riposo" si fa l'ultima breve sosta prima di Recoaro. La salita è stata ripida, ora c'è la discesa fino ai Facchini, bisognerebbe che costruissero un tratto di strada più in piano. Chissà, forse in avvenire...
Perché la gente ha cominciato a muoversi di più, son sorte delle fabbriche nuove nel Distretto di Valdagno, forse un domani se ne pianteranno di grandi, e facilmente verranno su nella città Capo Distretto, e allora il commercio e il lavoro più intensi faranno spostare i valligiani_ su e giù per questa carrozzabile che appena tracciata già sembra troppo stretta. Trentasei filande da seta, ci sono nel Distretto, con 465 uomini e donne che vi lavorano, e poi nove fabbriche per panni ordinari, con 80 operai, quattro tintorie, 40 addetti a produrre tappeti, nastri e tovaglie.
Le altre, antiche attività della valle resistono al mutare dei tempi: 60 mulini macinano il grano, in 12 torchi si spreme l'olio, 4 mulini a sega tagliano il legname, altrettante fucine a maglio modellano il ferro, da due fornaci escono tegole e mattoni per costruzioni.
Ma i poveri, i mendicanti, i bisognosi, sono in gran numero nel Distretto. Quelli malati sono ricoverati gratuitamente nel fabbricato comunale di Valdagno, dov'è anche un Monte di Pietà con un capitale di quasi 50 mila Lire Austriache, e un pio Istituto elemosiniere come c'è a Trissino, a Castelgomberto e soprattutto a Cornedo.
Cultura, poca. Sono state aperte nuove scuole un po' dappertutto, ma sono poco o pochissimo frequentate specialmente nelle frazioni sui monti, e specialmente nelle stagioni in cui si lavora sui campi.
A Valdagno un'Accademia Filarmonica annovera 62 Soci, tre collezioni mineralogiche si trovano a Valdagno, presso Girolamo Festari, a Recoaro nella casa del fu Don Pietro Maraschini e a Castelgomberto in casa del defunto e illustre Castellini. Insomma, i dotti ci sono, ma pochi assai. Alla curva del ponte di legno che chiamano il Ponte Verde, la corona di monti che cinge Recoaro appare velata e si confonde col cielo. Sui fianchi delle colline, piccoli grumi di case punteggiano il verde.
Il postale è ormai giunto a destinazione. Il Distretto di Valdagno termina qui, sui bastioni di quel grande anfiteatro naturale che racchiude il paese. Non scorre pigra, la vita, in queste terre laboriose; la maggior parte della gente si spezza la schiena per sfamare le bocche numerose in famiglia. Ma molti, tutti sperano che qualcosa di nuovo accada, che si possa faticare un po' meno sui campi, che arrivi la paga giornaliera,.sempre uguale, sempre sicura, come capita già in giro, dove i contadini finiscono a prestar l'opera sotto un tetto, con qualsiasi tempo, e non si dipende più dal secco o dalla tempesta che ti fa piangere lacrime amare quando viene il momento del raccolto.
Don Marchesini, il parroco di Recoaro, ha detto che verrà per la Valle il tempo della prosperità. Anzi, sta già arrivando. L'acqua per Recoaro, la lana per gli altri, Valdagno soprattutto. Chissà, pensano i valligiani, forse tutto cambierà in questo Distretto, o quasi... Forse, un giorno, saremo tutti contenti e ricchi...
Opere consultate:
L. FORTI, Descrizione geografica del Distretto di Valdagno nella Provincia di Vicenza, tip. Picutti, 1826.
G. MANTESE, Storia di Valdagno, Valdagno, Ed. del Comune, 1966.
L. MAGNANI - G. TRIVELLI, Recoaro nell'Ottocento, Vicenza, Neri Pozza, 1987.