Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nell’ottobre del 2001, nel ricordarne la figura ebbe modo di affermare: «Egli era diventato un uomo che credeva nella religione della libertà. E fu questo che permise a lui di fare quella scelta. Ma quella scelta, ripeto, si consumò contemporaneamente nell'animo della maggior parte degli italiani; e da questa rivolta morale nasce la Resistenza. Perché la Resistenza ebbe tante forme, tante manifestazioni diverse; dipese oltre che dal sentimento di ciascuno di noi, dalle circostanze in cui ciascuno di noi si trovò ad operare.»
La memoria dunque è quel filo invisibile ma tenacissimo che tiene unita l’umanità. La storia di un popolo non è solo un susseguirsi di date, vittorie o sconfitte, ma è innanzitutto il racconto di un’identità fatta della cultura, della sensibilità di ognuno di noi, del coraggio quotidiano posto anche nelle azioni e nei gesti di personaggi oggi un po' trascurati, ma il cui esempio è risultato fondamentale per farci essere quel che siamo. Come ha sottolineato anche lo storico Alessandro Barbero: «La Seconda guerra mondiale ha rappresentato il momento in cui si è capito che il sistema secondo cui l’uomo forte comanda e il popolo ubbidisce porta alla catastrofe, all’orrore, alla distruzione totale e che la democrazia, con tutti i suoi difetti, è invece l’unico sistema che crea un “riparo” per tutti. Il 25 aprile del 1945 è il giorno in cui ufficialmente si è capito che in Italia saremmo stati una democrazia e non una dittatura ed è questo che bisogna continuare a ricordare adesso e per sempre».
Si tratta dunque di una questione che riguarda espressamente il modo in cui la Resistenza viene oggi rappresentata nello spazio e nel discorso pubblico della Nazione, oltreché nelle pratiche di memoria che lo sorreggono. Tenere viva la memoria di questi italiani rappresenta una scelta irrinunciabile per chiunque voglia autenticamente riconoscersi nei valori della libertà e della democrazia.
6 dicembre 2024